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di Giansandro Merli

Il Manifesto, 19 settembre 2024

Migranti Intervista al segretario di +Europa: “Le decisioni dei tribunali di Palermo e Catania sono un fatto enorme da un punto di vista giuridico: tutta l’impalcatura costruita dal governo per detenere i richiedenti asilo nasce già morta”.

Onorevole Riccardo Magi, i tribunali di Palermo e Catania bocciano la detenzione dei richiedenti asilo, con motivazioni diverse ma valide anche per i centri in Albania. Il ministro dell’Interno Piantedosi, però, dice di “non temere ricorsi”. Non è strano?

Le ultime pronunce, in particolare quelle catanesi, colpiscono al cuore la detenzione generalizzata per le procedure di frontiera. È un fatto enorme da un punto di vista giuridico: tutta l’impalcatura costruita dal governo per l’Albania nasce già morta. Le decisioni dei giudici sanciscono in maniera argomentata ciò che in parlamento abbiamo sollevato più volte: la lista dei paesi sicuri contenuta nel decreto del ministero degli Esteri non è affidabile. Visto che include paesi come Egitto o Tunisia, teatro di sistematiche violazioni dei diritti umani. Piantedosi rivela tutta la sua incompetenza in materia. La tranquillità serve ad anticipare la mossa propagandistica del governo di fronte al fallimento della loro strategia: attaccare la magistratura e accusarla di essere eversiva.

Secondo lei il governo punta sul fallimento di un progetto su cui Meloni ha scommesso tanto solo per prendersela con i giudici?

Non è che punta al fallimento ma sa che si troverà di fronte, e già ci sono tutti gli elementi, all’impraticabilità di quella soluzione. In Albania la detenzione sarebbe senza alternative. Oltre al tema dei paesi sicuri, una delle ragioni principali delle mancate convalide della detenzione dei richiedenti è che va argomentata caso per caso. Altrimenti si viola il diritto Ue. In Albania, al contrario, non può che essere sistematica.

Se il progetto fallisse per Meloni sarebbe un danno di immagine enorme...

Il suo problema è che è andata al governo promettendo un impossibile blocco navale mentre è finita ad accettare il pessimo Patto Ue su migrazione e asilo, che rischia di trasformare l’Italia nel campo profughi d’Europa. Così per cercare delle scappatoie si è inventata i centri in Albania che non reggono in termini procedurali e giuridici. Ora ha bisogno di giustificare l’enorme spreco di risorse pubbliche, quasi un miliardo di euro.

La magistratura proscioglie tutte le ong, manda a processo Salvini, ora boccia la detenzione dei richiedenti. In democrazia la destra può realizzare le politiche per cui è stata votata o no?

È un tema estremamente delicato e importante. Tutti i governi che hanno legittimamente ricevuto la fiducia del parlamento devono poter realizzare i propri obiettivi politici, ma nessuno può ritenersi al di sopra del diritto e della legge. La questione è decisiva in tema di privazione della libertà, soprattutto se non sono stati commessi reati ma si è solo in attesa di una procedura amministrativa. In ogni caso serve un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, altrimenti si colpirebbe duramente lo stato di diritto costituzionale.

Il laburista Starmer ha vinto le elezioni spostando il partito verso il centro e dopo due mesi è venuto a prendere lezioni sull’immigrazione da Meloni. Chi si propone come alternativa alla destra non riesce a elaborare una propria proposta?

Abbiamo visto questa dinamica anche in parte della sinistra italiana negli anni passati, quando era al governo, poi faticosamente ha fatto autocritica. Ora ritorna nella Gran Bretagna di Starmer e nella Germania di Scholz. L’errore di fondo che porta le forze progressiste in un vicolo cieco è stato rinunciare ad affrontare la questione a livello Ue. Per esempio riformando il regolamento Dublino, con la redistribuzione obbligatoria dei richiedenti. Per due volte l’europarlamento ha detto sì, per due volte si è opposto il Consiglio.

Avete lanciato una proposta di referendum per la riforma della cittadinanza. Cosa chiede?

La riforma è in stallo da quattro legislature. La proposta estiva di Tajani sullo Ius Scholae è per sua stessa ammissione più restrittiva della legge attuale. Invece il referendum chiede di tornare alla norma precedente al 1992, intervenendo sul requisito dei dieci anni di soggiorno legale e continuativo per riportarlo a cinque. La modifica riguarderebbe 2,2 milioni di adulti e 500mila minori. Persone regolari, contribuenti, lavoratori, studenti, che parlano italiano e hanno scelto di vivere qui. Si può firmare online fino al 30 settembre.