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di Federica Olivo

huffingtonpost.it, 8 agosto 2023

Il Carroccio contro il (suo) sindaco di Treviso, che ci spiega: “È un’emergenza umanitaria, o la governiamo o la subiamo”. I colleghi di Padova, Verona e Vicenza sono con lui. Possamai: “Collaboriamo, ma no ai maxi hub”. Biffoni (Anci-immigrazione): “Numeri raddoppiati, territori in difficoltà”.

Basta guardare i freddi numeri, riportati in altrettanto freddi grafici, per capire la portata che dell’immigrazione negli ultimi mesi in Italia. Ad oggi sono sbarcate sulle nostre coste 93.685 persone. L’anno scorso di questi tempi erano poco meno di 45mila. Cifre più che raddoppiate rendono molto più difficile l’accoglienza. E i sindaci vanno in allarme. “Dire che siamo nel caos è riduttivo - spiega ad HuffPost Matteo Biffoni, sindaco di Prato e referente Anci per l’immigrazione - dopo il decreto Cutro le grandi organizzazioni non partecipano ai bandi per l’accoglienza e i territori sono in grande difficoltà. I prefetti chiedono a noi sindaci aiuto per trovare i posti, ma siamo di fronte a numeri mai visti e la stessa accoglienza diffusa, che in Toscana pratichiamo da sempre e senza problemi di ordine pubblico, diventa complicata se manca un’organizzazione. E se mancano le risorse”. Tutte le difficoltà vanno poi a ricadere sui sindaci: “Ha mai visto un cittadino arrabbiato andare a bussare alla porta di un prefetto?”, chiede Biffoni, rendendo l’idea di cosa sta accadendo.

I primi cittadini si trovano a gestire una situazione che è più grande di loro. Che certamente non potranno fronteggiare da soli. Mentre il Viminale continua ad assicurare che aumenterà i posti dell’accoglienza - e un po’ lo fa - e a garantire un’equa redistribuzione sui territori. Senza riuscire a trovare soluzioni strutturali, nei Palazzi di città una parola si diffonde: collaborazione. Se le istituzioni, anche locali, non collaborano tra loro, non si va lontano.

E puntava proprio alla collaborazione il protocollo siglato in Veneto tra Regione, Anci e sindaci per dare il via a progetti di accoglienza diffusa. Si tratta di quella modalità di accoglienza che rifiuta le grandi concentrazioni di persone in strutture come ex caserme o ex carceri, ma favorisce l’integrazione. Il progetto prevede che piccole quantità di migranti vengano accolte in ogni paese o città. In proporzione al numero di abitanti. La notizia è che questa volta - come per la verità ultimamente spesso accade in Veneto - si è creato un sodalizio tra il governatore leghista Luca Zaia, tre sindaci di centrosinistra - Sergio Giordani di Padova, Damiano Tommasi di Verona e Giacomo Possamai di Vicenza - e Mario Conte, sindaco leghista di Treviso nonché referente dell’Anci Veneto. Il problema è che questo protocollo - che in realtà prende spunto da situazioni già operanti nella regione - ha fatto andare su tutte le furie una parte del centrodestra. Innanzitutto la parte salviniana della Lega, rappresentata in Veneto dal segretario Alberto Stefani, ma anche molti sindaci di centrodestra. Al punto che da via Bellerio è arrivato un diktat: “Di questo protocollo non si deve parlare più”. Il motivo? Il solito: “Prima gli italiani”. Con la grande differenza, rispetto alla solita narrazione, che in Veneto anche i leghisti più puri sanno bene che l’immigrazione può dare una mano all’economia. E per questo sono pronti ad accantonare gli slogan.

“Zaia e il sindaco Conte - ragiona una fonte favorevole al protocollo - si sono trovati isolati, sia a livello locale che nazionale. Sono stati accusati di collaborazionismo con il centrosinistra”. E proprio queste accuse hanno creato un corto circuito. A finirci in mezzo è stato il sindaco di Treviso. La sua colpa? Aver espresso il timore che il prefetto potesse aprire dei grandi hub nelle varie province. Parole che, però, sono state riportate male, lasciando intendere che il suo non fosse un timore ma un auspicio. Che avesse, cioè, sconfessato quanto detto - e siglato - fino a pochi giorni prima. E così Conte ha dovuto passare tutta la giornata a rettificare. Lo ha fatto anche con HuffPost, a cui ha spiegato: “Io rispetto le posizioni di tutti i partiti, il mio compreso, ma qui ci troviamo di fronte a un’emergenza umanitaria. O ognuno contribuisce, in base alle proprie possibilità, oppure subiremo le scelte della prefettura. In Veneto rappresento l’Anci ed il mio è un richiamo alla responsabilità. Con Zaia e con la prefettura abbiamo condiviso il principio secondo cui o governiamo questa situazione o, in alternativa, la subiamo”. E sulla polemica sugli hub dice: “A Treviso ne abbiamo uno con 550 persone. Se non funziona qui, non funziona da nessun’altra parte. Il mio era solo un timore.

I sindaci di Padova, Verona e Vicenza si erano allarmati per le parole di Conte e avevano fatto un comunicato per dire che non avrebbero mollato. Che per loro la strada è l’accoglienza diffusa. Oggi rilanciano. E sperano di coinvolgere anche altre realtà: “A Verona l’accoglienza e provincia ci sono già progetti che vanno in questo senso - ci dice una fonte della città amministrata da Damiano Tommasi - il problema è far aderire i sindaci di centrodestra”. Del resto, aggiungono da Padova, “l’accoglienza in Veneto è materia delicata. E la polemica è tutta interna al centrodestra”. A Verona, i progetti già partiti consentono l’accoglienza di una trentina di minori non accompagnati, di altrettanti componenti di nuclei familiari con minori e di circa quaranta uomini soli. Numeri piccoli, che però possono essere un punto di partenza. A patto che la linea da seguire sia quella proposta dai sindaci. “Siamo disposti a collaborare - dice ad HuffPost Giacomo Possamai, sindaco di Vicenza - ma solo all’interno di un progetto di accoglienza diffusa. Ribadiamo un no categorico ai grandi hub all’interno delle città”. In Veneto, del resto, è vivo il ricordo dei centri d’accoglienza di massa riempiti all’inverosimile intorno al 2016, quando c’era stata l’altra emergenza migranti. Un’emergenza con numeri ben più bassi di quella attuale.

I sindaci di centrodestra, dicevamo, stanno ponendo molta resistenza all’idea dell’accoglienza diffusa. Eppure proprio in Veneto ci sono dei progetti pilota che possono essere considerati virtuosi. Abbiamo citato l’esempio veronese, ma casi simili ci sono anche in altre città. A Padova è attivo il progetto 6+6x6: si tratta di una formula teorizzata dal professor Antonio Calò che per primo ha accolto dei migranti in casa. Il progetto, spiegano dal Comune, è sperimentale, finanziato con i fondi europei. A sentire chi lo sostiene, “sta andando molto bene”. Qualcosa di simile viene fatto anche nell’Alto Vicentino. Protagonista di questa storia, che si chiama La tenda di Abramo e inizia molti anni fa, è Franco Balzi, sindaco di Santorso: “Il nostro progetto - racconta ad HuffPost - parte dall’idea della sostenibilità: ogni comune che aderisce può ospitare 3 migranti ogni mille persone. C’è un comune capofila e l’idea di non scaricare l’emergenza sul vicino, ma di fare ognuno la propria parte, in base alla propria capacità. Solo così si favorisce l’integrazione”.

Il progetto, partito con l’adesione di 13 comuni, ha visto raddoppiare le adesioni quando sono arrivati i profughi ucraini. Le persone sono accolte in case del comune, di privati o in strutture offerte da associazioni e parrocchie. “Avremmo dovuto finire ad agosto, ma visto che c’è una nuova emergenza andremo avanti. Abbiamo parlato con il prefetto e stiamo aspettando le nuove autorizzazioni”. I comuni aderenti da 27 ora sono scesi a 21, ma è comunque un buon numero di partenza. A partecipare, ci spiega il sindaco, amministrazioni di ogni colore: “C’è chi accoglie, e prova a integrare per una questione di sensibilità. Ma c’è anche qualcuno che lo fa perché ha capito che, diversamente, subirà il fenomeno”. Un progetto esportabile in altre provincie o magari fuori regione? Per Balzi sì: “Ricevo tante telefonate di persone interessate. Mi auguro che anche in loro maturi l’idea di seguire questa strada”. Se avranno bisogno di un esempio, possono cominciare da lì. Da Santorso, Veneto profondo. Quel Veneto a trazione leghista che litiga sull’immigrazione ma che, alla fine, sa accogliere.