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di Francesco Moscatelli

La Stampa, 23 luglio 2023

Oggi a Roma il vertice sull’immigrazione. La premier: “Più cooperazione”. Polemiche le opposizioni per la presenza del leader tunisino Kais Saied. “The Rome process”, la conferenza su Sviluppo e Migrazioni che si svolge oggi alla Farnesina e che rappresenta l’embrione della nuova politica estera euro-mediterranea del governo Meloni, rischia di provocare un duplice effetto boomerang. E questo al di là delle intenzioni della stessa premier che ieri sera, al Tg1, ha spiegato di “voler fermare definitivamente l’immigrazione illegale” e che per farlo “c’è bisogno di cooperazione internazionale”.

Ma anche al di là delle risorse, poche o tante si vedrà, che verranno messe sul piatto per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del vertice: governare il fenomeno migratorio, contrastare il traffico di esseri umani e promuovere lo sviluppo economico con progetti dedicati ad agricoltura, energia, infrastrutture, educazione, sanità, acqua e igiene. Il primo mattoncino di quel “Piano Mattei” che Giorgia Meloni vuole presentare alla Conferenza Italia-Africa di novembre.

Perché se è vero che l’asse Palazzo Chigi-Farnesina è reduce da un periodo di sbandierati successi, la firma del memorandum fra Ue e Tunisi fortemente voluto proprio da Roma e la grazia concessa dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi a Patrick Zaki, è altrettanto vero che il vertice in programma alla Farnesina alla presenza di quattro gruppi di partecipanti - i Paesi europei interessati dagli sbarchi (Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro), i Paesi africani (in primis Tunisia, Algeria, Egitto e Libia, ma anche Etiopia e Niger), i Paesi d’area medio orientale e arabica e le istituzioni internazionali (a cominciare dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel) - pone due ordini di problemi.

Il primo problema è d’immagine e ha a che vedere con il fatto che i partner accolti come ospiti d’onore a Roma, ovvero il presidente tunisino Kais Saied e il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly, non finiscono di suscitare critiche da parte dell’opposizione e della società civile per il trattamento riservato ai migranti. La foto di una donna morta di sete assieme alla sua bambina alcuni giorni fa in mezzo al deserto libico, dopo essere stata respinta alla frontiera tunisina, è solo l’ultimo e il più terribile degli esempi. Ieri la segretaria del Pd Elly Schlein ha parlato senza mezzi termini di “rapporto cinico” con la Tunisia e di un “approccio che dimentica la violazione dei diritti fondamentali delle persone”. Altrettanto dure le Ong. Ventisette sigle internazionali, dall’Egyptwide for Human Rights ad Amnesty International, si dicono “profondamente preoccupate per le conseguenze sui diritti umani che i partenariati sulla gestione delle frontiere, appena firmati o in via di definizione, tra l’Ue e governi non democratici potrebbero provocare”. Medici senza frontiere sostiene che l’incontro di oggi non è altro che “un’ulteriore tappa nella strategia di esternalizzare a Paesi terzi il controllo delle frontiere esterne dell’Europa”.

“Refugees in Libya” e “Mediterranea saving humans”, invece, hanno organizzato un contro-summit allo Spin Lab di Roma per “contrapporre alla narrazione governativa sul Mediterraneo e sull’Africa, basata sul sistematico occultamento della violazione dei diritti umani”. A fare da corollario a queste critiche ci sono quelle sul cambio di atteggiamento di Giorgia Meloni verso le monarchie del Golfo. Da “semplice” leader di Fratelli d’Italia le criticava duramente. Oggi Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Kuwait saranno in prima fila come possibili partner finanziari nello scenario del “Mediterraneo allargato”.

Ma fin qui, dicevamo, si tratta soprattutto d’immagine. Il secondo rischio è di natura più politica. E si intreccia con la grande partita del voto europeo del 2024 e con la ridefinizione degli equilibri fra forze politiche e Paesi Ue. “Sarebbe interessante sapere anche se la Commissione europea firmerà un documento o se sarà piuttosto presente in qualità di osservatore” si chiede l’eurodeputato di Renew Sandro Gozi.

Che poi sottolinea: “La mancata partecipazione di esponenti di governo francesi e il mancato invito della Germania denotano un metodo poco pragmatico che indebolisce molto la conferenza stessa”. Sullo sfondo, poi, c’è anche un po’ di battaglia politico-elettorale tutta italiana. Chissà cosa ne pensa il segretario della Lega e vice premier Matteo Salvini di questo protagonismo, su un tema per lui sensibilissimo come l’immigrazione, della premier Giorgia Meloni e del suo ormai “omologo” di Forza Italia Antonio Tajani.