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di Serena Riformato

La Stampa, 17 agosto 2023

L’intervento annunciato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi entro settembre avrà l’impianto dei precedenti decreti Sicurezza: una parte dedicata alla gestione dei flussi migratori, l’altra sviluppata intorno a nuove norme per la tutela e il rafforzamento dei corpi di polizia. Sull’immigrazione l’obiettivo ribadito rimane uno solo: “Espulsioni più rapide”, sintetizza il sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni. Dal punto di vista infrastrutturale è la continuazione del processo già avviato con la legge di Bilancio e il decreto Cutro per la costruzione di nuovi Cpr, strutture in cui i migranti non dovrebbero essere trattenuti più di un mese in attesa dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione. A Pozzallo, in Sicilia, sono iniziati i lavori per il primo di questi centri, come annunciato dal commissario per l’emergenza Valerio Valenti. L’inedito di settembre riguarderà invece la “cornice normativa”.

Gli uffici del Viminale stanno lavorando con il ministero della Giustizia in direzione di uno “snellimento procedurale”, spiegano, nello specifico per allontanare dal Paese i soggetti pericolosi. Oggi, per fare un esempio concreto, i migranti in attesa di processo non possono essere rimpatriati. Su impedimenti di questo tipo si starebbe concentrando la valutazione dei due dicasteri. Ma le espulsioni scontano le difficoltà di sempre: pochi accordi con i Paesi di origine; gli ostacoli pratici nell’organizzazione. E quindi se la strategia del governo è chiara, sull’efficacia è impietoso lo scontro con i dati ufficiali forniti dallo stesso Viminale con il tradizionale dossier di ferragosto.

Il ministro dell’Interno Piantedosi si rallegra per aver “ottenuto nell’ultimo anno un incremento delle espulsioni del 30 per cento”. In numeri assoluti, questo vuol dire che da gennaio a luglio 2022 sono stati rimpatriati 2mila irregolari; quest’anno, nello stesso periodo, ne sono stati allontanati 2.500. L’incremento del 30 per cento si quantifica in 500 persone in più. Una cifra che sbiadisce se accostata agli arrivi: 12mila migranti sbarcati sulle coste italiane solo ad agosto, oltre centomila dall’inizio del 2023, più del doppio rispetto all’anno scorso (+107%). Una delle cause è evidente, l’instabilità della Tunisia che negli ultimi sette mesi ha superato la Libia ed è diventato il primo Paese nordafricano per partenze verso l’Italia. Dal governo, però, negano che il Memorandum firmato a luglio con il presidente tunisino Kais Saied stia tardando a dare i suoi frutti: “La Guardia costiera tunisina ha già soccorso e riportato a riva 40mila persone”, sottolinea il sottosegretario Molteni: “In ogni caso - aggiunge - l’accordo non è il punto di arrivo, ma di partenza in una gestione delle frontiere concentrata sul blocco degli imbarchi”.

Così pure il ministro degli Esteri Antonio Tajani si dice certo che “se non avessimo aiutato la Tunisia, sarebbero partite decine di migliaia di persone da Sfax”. Più di quanto già avvenga: “Ne partono qualche centinaio, è vero - commenta il vicepremier alla Versiliana - ma siamo riusciti comunque a frenare la fuga da quel Paese, che è diventato di transito”.