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di Francesco Grignetti

La Stampa, 27 luglio 2023

Visti concessi anche agli stranieri senza contratto, purché dipendenti di aziende italiane all’estero salta un pilastro della legge, obiettivo 500mila ingressi in 3 anni. I dem: sposano le nostre proposte. Sorpresa: per la maggioranza la legge Bossi-Fini è un inciampo. Quello che è stato un tabù per molti anni, ma che già il potente sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano, dava per “superata e invecchiata” diverse settimane fa, è picconato da un emendamento di Tommaso Foti, il capogruppo di Fratelli d’Italia. Secondo la proposta di Foti, votata in commissione alla Camera addirittura all’unanimità, andrà concesso il visto di ingresso per lavoro in Italia agli stranieri che sono stati dipendenti di aziende italiane operanti in Paesi extracomunitari per almeno 12 mesi nei precedenti 4 anni. È un notevole strappo perché il caposaldo della Boss-Fini è che non si può entrare senza contratto di lavoro già stipulato. Un paradosso, perché non si capisce come sia possibile che uno straniero, mai passato prima per l’Italia, possa avere un contratto di lavoro.

La legge concedeva ingressi “al buio” solo per figure professionali altamente specializzate come i docenti universitari. Ora si introduce la possibilità anche per figure di livello professionale inferiore. Unico limite: che siano stati dipendenti di società italiane operanti in Paesi extracomunitari.

La sorpresa per l’emendamento da parte del centrosinistra è espressa da Matteo Mauri, Pd, già viceministro all’Interno ed esperto di immigrazione: “Pensavo che l’emendamento fosse stato presentato da un collega di centrosinistra perché avevamo sollevato noi il tema della necessità di allargare le possibilità di ingresso legale in Italia. Vedo con piacere che il governo fa la faccia feroce, descrivendo l’immigrazione come una sostituzione etnica, poi agisce in modo incoerente anche se in modo giusto, e per noi va bene così”.

La novità è figlia di un’esigenza molto concreta che il governo di destra-centro ha recepito con una buona dose di pragmatismo. “Se una azienda italiana ha bisogno di personale specializzato che ha formato all’estero, è giusto che possa farlo venire in Italia, specie ora che c’è bisogno per realizzare le opere del Pnrr”, spiega Foti.

È quanto scrive anche nella relazione che accompagna la proposta. Siccome per le grandi opere previste dal Pnrr, e su cui sono impegnate grandi imprese del settore, serve manodopera specializzata, ecco la necessità di far arrivare anche quegli operai operanti in Paesi extracomunitari “nell’ottica di favorire, con le procedure semplificate di ingresso previste dal regolamento di attuazione del Testo unico Immigrazione, i fabbisogni di manodopera rilevati dai settori, quale ad esempio quello dell’edilizia, con la garanzia della loro occupabilità nelle imprese italiane, tenuto conto che, per i suddetti lavoratori, è stata già testata competenza lavorativa e affidabilità degli stessi”.

La richiesta arriva ovviamente dalle imprese del settore e il governo, attraverso l’emendamento del capogruppo di FdI, l’ha fatto proprio. Tutto per non frenare l’attuazione del Pnrr. Lo strappo sui principi fondanti della Bossi-Fini, insomma, c’è. E d’altra parte che le cose con il governo Meloni stiano cambiando sul versante dell’immigrazione è chiaro da settimane. C’è quel decreto-flussi che prevede ben 500mila ingressi legali nel giro di tre anni. C’è l’annuncio di una trattativa bilaterale con il Bangladesh per uno scambio tra ingressi legali e riammissione di clandestini. In fondo, come dice il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che è una voce pesante di FdI, “bisogna cercare di regolamentare un afflusso di persone che vogliono venire a lavorare nel nostro Paese. Persone di cui il nostro Paese ha bisogno, che può poi trattare nel modo migliore, e inserire in un modo che finora né centrodestra né centrosinistra hanno dimostrato di saper fare”.

C’è insomma l’ambizione di governare una fase nuova. Il dem Mauri a questo punto ha però chiesto di allargare ulteriormente le maglie di ingresso legale in Italia. Una richiesta avanzata anche da M5S e da Italia Viva con Maria Elena Boschi. E su questo c’è stata una schermaglia con Alessandro Urzì, capogruppo Fdi in Commissione Affari costituzionali. Urzì: “Cogliamo lo spirito positivo del sì delle opposizioni, che così facendo dicono sì alla linea del governo”. Mauri: “Non sposiamo la linea del governo, rileviamo che il governo è sulla nostra”.

Ma queste, appunto, sono schermaglie dialettiche. Foti spiega così alla Stampa perché ha presentato il suo emendamento: “È strategico soprattutto per l’edilizia e le società italiane che realizzano le grandi infrastrutture, tenuto conto della ristrettezza dei tempi imposti dal Pnrr”. Il famoso bagno di realtà impone al governo di abbandonare impostazioni ideologiche, del tipo portare nei cantieri delle grandi opere gli “occupabili” che al momento beneficiano del reddito di cittadinanza, e lo costringe ad ascoltare la voce di chi gestisce davvero i cantieri e incredibilmente non poteva fare affidamento su personale già formato e rodato in altri cantieri, ma soltanto perché fuori dai confini dell’Unione europea.