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di Marco Bresolin

La Stampa, 27 luglio 2023

Austria e i Paesi di Visegrad rimettono in discussione il Patto migrazione Ue. Scontro sulle deroghe in caso di crisi gravi: rinviata l’approvazione definitiva. Si complica il percorso di approvazione della riforma del Patto migrazione e asilo, attualmente in discussione ai tavoli dell’Unione europea. Ieri era atteso il via libera dei governi all’ultimo provvedimento del pacchetto, ma c’è stata una brusca frenata: non un semplice incidente di percorso, ma uno stop potenzialmente in grado di far deragliare l’intera riforma sulla quale, all’inizio di giugno, i 27 avevano trovato un’intesa definita “storica”. A far saltare il banco è stato il regolamento che fissa le disposizioni da far scattare in caso di crisi migratoria - per andare incontro agli Stati più esposti ai flussi - in particolare la parte relativa alla gestione dei flussi in caso di “strumentalizzazioni” da parte di Paesi terzi.

Il voto contrario dei governi di Visegrad (e dell’Austria), unito all’astensione (per motivi opposti) di Germania e Paesi Bassi, ha fatto saltare l’intesa sulla proposta di compromesso avanzata dalla presidenza di turno spagnola e sostenuta anche dal governo italiano. Lo stop è arrivato durante l’ultima riunione del Coreper, l’organo in cui siedono gli ambasciatori dei 27 Stati membri. Tutto rimandato alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, anche se l’iter rischia di trovare altri ostacoli.

L’intesa raggiunta sugli altri regolamenti un mese e mezzo fa ha permesso di avviare i tavoli negoziali con il Parlamento europeo al fine di trovare una posizione comune e adottare così i provvedimenti in via definitiva entro la legislatura. Ma gli Stati membri non hanno ancora raggiunto un accordo sull’ultimo regolamento - quello che riguarda appunto le situazioni di crisi - e questo rischia di complicare le altre trattative: i negoziatori dell’Europarlamento non intendono dare il via libera definitivo al resto del pacchetto fino a quando non ci sarà una chiara posizione dei governi sul regolamento per le crisi.

La palla ora è nelle mani della presidenza spagnola che dovrà lavorare a un nuovo compromesso e ottenere il sostegno necessario dei governi per andare al tavolo negoziale con il Parlamento. Ma lo stallo politico interno dovuto alle elezioni non sarà certo d’aiuto al governo Sanchez, che resta in carica ma senza la piena legittimazione. Inoltre bisogna fare i conti con il fatto che il governo di Mark Rutte è caduto proprio sulla questione migratoria e difficilmente l’esecutivo dell’Aia prenderà una posizione chiara su questi dossier prima delle elezioni del 22 novembre.

Il regolamento relativo alle “situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione” era stato presentato dalla Commissione all’interno del Patto. In sostanza puntava a stabilire una serie di deroghe da far scattare in caso di forti flussi migratori per andare incontro ai Paesi più esposti. Il Parlamento europeo aveva proposto l’introduzione di un sistema di ridistribuzione obbligatoria. Il sistema delle quote vincolanti non era incluso nel regolamento iniziale della Commissione ed è stato subito respinto dal Consiglio. Il compromesso portato al tavolo dalla presidenza spagnola prevedeva invece la possibilità - in determinate situazioni - di derogare ad alcuni oneri previsti dalla procedura di frontiera, oppure di interrompere il trasferimento dei cosiddetti “dublinanti” verso gli Stati di primo approdo.

Ma a far saltare l’accordo è stata soprattutto la decisione di far resuscitare all’interno di questo regolamento quello relativo alle “strumentalizzazioni”, proposto a suo tempo dalla Commissione e poi affossato. L’idea era di far scattare le deroghe non soltanto in caso di “crisi o forza maggiore”, ma anche in caso di “strumentalizzazione” da parte di Paesi terzi. Ossia quando determinati Stati extra-Ue utilizzano i migranti come “arma” per fare pressioni sui confini degli Stati membri: un esempio su tutti è quello della Bielorussia che ha spesso incentivato i flussi di migranti verso la Polonia, la Lettonia e la Lituania. Ma potrebbe applicarsi per esempio anche alla Turchia di Erdogan o, perché no, alla Tunisia di Saied. Il Paese nordafricano è nel mirino di alcuni Stati Ue proprio a causa del mancato rispetto dei diritti dei migranti. Un problema che - secondo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi - non esiste, come ha spiegato nell’intervista pubblicata ieri da “La Stampa”.

Quello delle “strumentalizzazioni” è un concetto giuridicamente controverso perché legato a una valutazione di tipo politico e infatti nei giorni scorsi è stato lanciato un appello sottoscritto da diverse Ong. “Se adottata - si legge nel documento - la proposta avrebbe un significativo effetto negativo sui diritti fondamentali delle persone che cercano protezione in Europa”. Argomentazioni condivise anche dal governo tedesco, in particolare dai Verdi, che per questo motivo si è astenuto.