sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

 

La Stampa, 13 giugno 2023

Migliaia di persone migranti, uomini, donne e bambini, trattenuti per mesi, in ghetti alle frontiere d’Europa, in attesa che le loro domande di protezione vengano esaminate attraverso procedure accelerate e sempre meno garantiste dei diritti fondamentali. Accordi con Paesi di origine e transito, soprattutto in Africa e in Asia, investendo milioni di euro per bloccare le partenze e favorire le riammissioni. È questo lo scenario che si prospetta nel caso in cui l’accordo raggiunto lo scorso 8 giugno dal Consiglio degli Affari Interni dell’Unione europea su alcuni pacchetti legislativi che riguardano il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo diventasse legge. I ministri dell’Interno dei 27 Stati membri riuniti a Lussemburgo hanno votato a maggioranza qualificata il contenuto di due regolamenti europei che riguardano la gestione dell’asilo e dell’immigrazione e le procedure per l’esame delle domande di asilo. Questo apre la strada ai negoziati tra il Consiglio (ovvero gli Stati) e il Parlamento europeo previsti dalla procedura legislativa per varare la riforma. Laddove venisse raggiunto un accordo i Regolamenti diventerebbero vincolanti in tutte le loro parti e direttamente applicabili in ogni Stato membro.

Questo significa che una persona sbarcata in Italia, se proveniente da un Paese il cui tasso di riconoscimento della protezione è inferiore al 20%, potrebbe essere destinata alla procedura di frontiera. Bloccata in centri chiusi, con difficoltà ad accedere all’assistenza legale senza poter far valere in maniera effettiva le ragioni che fondano la sua domanda di protezione. Significa che una persona giunta sulle nostre coste, stremata da un lungo viaggio e con le cicatrici ancora fresche delle torture sulla sua pelle, correrebbe un alto rischio di essere rimandata indietro verso Paesi definiti sicuri sulla base di considerazioni effettuate dagli Stati membri e che purtroppo non garantiscono affatto un reale rispetto dei diritti umani. Basti pensare al Memorandum siglato con la Libia nel 2017 e rinnovato nei mesi scorsi, che prevede che il governo italiano fornisca aiuti economici e supporto tecnico alle autorità libiche per ridurre i flussi migratori, consentendo alla guardia costiera di intercettare migliaia di esseri umani in fuga e ricondurli verso le sue coste, nonostante siano ben noti i trattamenti disumani e degradanti che le persone migranti subiscono per mano delle autorità e delle milizie locali. Lo stesso vale per la Tunisia, considerato Paese sicuro, sebbene la guardia costiera eserciti continui abusi e violazioni nei confronti degli individui che intercetta in mare come dimostra un video circolato nelle ultime settimane che è stato registrato di nascosto da alcuni naufraghi approcciati dalle autorità tunisine e colpiti violentemente con un bastone prima di essere riportati indietro. L’aspetto più sconcertante è che il nuovo Patto non verrebbe a ridurre la pressione migratoria sui Paesi di frontiera, come l’Italia, perché non modifica il principio che è alla base del sistema Dublino secondo cui il Paese di primo ingresso è quello responsabile a farsi carico della procedura di asilo. Il nuovo meccanismo di solidarietà introdotto dai Regolamenti non introduce un obbligo per gli Stati membri di ricollocare nei loro territori una parte delle persone migranti giunte in Europa, bensì prevede che questa sia solo una delle scelte possibili, assieme ad altre, come quella di offrire contributi finanziari o differenti forme di supporto. Tutto questo rappresenta un ulteriore passo verso l’erosione del diritto di asilo, in quanto l’accesso a una procedura equa di protezione sarà sempre più difficile per gli individui in fuga, e un totale svuotamento dei principi di solidarietà, responsabilità e rispetto dei diritti umani che sono alla base del Sistema Comune europeo di asilo.

*Giurista esperta in diritto di asilo e immigrazione