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di Andrea Cegna

Il Manifesto, 26 ottobre 2023

Gravi mancanze sanitarie, ma anche percosse, deportazioni in paesi in cui non si è mai vissuto, assenza di cibo e indisponibilità di coperte e biancheria intima. Il report denuncia la violazione dei diritti di chi viene rinchiuso nel centro milanese. “Quel che accade dentro il Cpr di Milano, purtroppo, non ci racconta di un caso di mala gestione ma di un qualcosa di strutturale che ritroviamo in tutti questi luoghi in Italia” dice Nadia dell’associazione Naga e della rete Mai Più Lager - No ai Cpr. L’occasione è quella della conferenza stampa di presentazione del report-denuncia curato dalle due realtà è intitolato Al di là di quella porta - Un anno di osservazione dal buco della serratura del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Milano.

Lo studio di quanto accade in via Corelli è stato difficile, situazione resa “complicata da opacità e ostracismo” tanto che il report per essere composto ha necessitato di “un metodo flessibile e di fonti e interventi diversissimi. La classica raccolta dati da analizzare si è rivelata impossibile a fronte della sostanziale inesistenza di dati ufficiali disponibili, e del rifiuto delle autorità a fornire quanto richiesto”. Non solo, cercare di analizzare e capire quanto accadeva dentro al Cpr del capoluogo lombardo ha permesso di sapere che in Italia, tra il 2018 e il 2022, sono 14 le morti di persone “ospiti” dei Centri di permanenza e rimpatrio. Cinque di queste non hanno un nome. Per quattro di loro non si conoscono neppure le cause e le circostanze del decesso. Dei cinque nessuno è morto a Milano, ma il Naga si è adoperato per capire di più e i riscontri dalle prefetture di riferimento stanno arrivando solo ora.

Il dossier di 220 pagine è diviso in 11 capitoli. Il più corposo è quello che denuncia le gravi mancanze sanitarie e l’assenza di cura per chi viene rinchiuso in via Corelli. “Abbiamo raccolto testimonianze che attestano una sistematica violazione del diritto alle cure” ribadiscono e aggiungono “la visita di idoneità al trattenimento o non è svolta o è svolta senza strumenti diagnostici adeguati; la ‘visita medica’ di formale presa in carico da parte dell’Ente gestore comprende umiliazioni e abusi quali, per esempio, la denudazione delle persone appena arrivate alla presenza del personale medico e di agenti di polizia e l’obbligo di fare flessioni per espellere eventuali oggetti nascosti nell’ano; abbiamo verificato il trattenimento di persone con malattie gravi e croniche, come un tumore cerebrale e gravi problemi di salute mentale; frequente è la mancanza di personale medico e la sommarietà della gestione delle cartelle cliniche costituisce la regola, come pure costante è una sovrabbondante elargizione di psicofarmaci senza alcuna prescrizione specialistica”.

Le violenze che colpiscono chi subisce la detenzione amministrativa sono diverse: percosse, deportazioni in paesi in cui non si è mai vissuto, assenza di cibo e indisponibilità di coperte e biancheria intima. “Abbiamo ricevuto video che attestano la presenza di vermi nel cibo. Inoltre, evanescenti sono le figure che si occupano di mediazione linguistica, interpretariato e assistenza psicologica, che pure dovrebbero essere presenti, per contro, è debordante la presenza di agenti delle forze di polizia. Numerosissime sono le testimonianze di diffusi episodi di autolesionismo, labbra cucite, lamette ingoiate, tentativi di suicidio - soprattutto per impiccagione” ricordano. Dal palco della Casa delle Cultura di Milano, Teresa dice “purtroppo la nostra ricerca non ha portato alla luce alcuna novità, era quello che ci aspettavamo a partire dalla limitazione della libertà personale perché si viene rinchiusi senza aver commesso alcun reato se non un illecito amministrativo”.