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di Marco Cremonesi

Corriere della Sera, 7 novembre 2023

La premier Meloni e il collega albanese Rama firmano un’intesa per la gestione degli arrivi: le strutture saranno sotto l’autorità italiana. Le proteste dem: Meloni rinuncia a modificare Dublino. “Non penso che saremo in grado di pagare il debito verso l’Italia e il popolo italiano per quello che hanno fatto per noi dal primo giorno in cui siamo arrivati su queste coste. Quel debito non si ripaga. Ma se l’Italia chiama, l’Albania c’è”. Il premier albanese Edi Rama fa un grande discorso, in ottimo italiano, che sarà suonato come musica alle orecchie di Giorgia Meloni. Per annunciare, ad assoluta sorpresa, l’accordo “storico e innovativo” per la realizzazione in Albania di due centri per la gestione dei migranti, solo quelli soccorsi in mare. Esclusi “i minori - ha detto la premier -, le donne in gravidanza e i vulnerabili”.

Una volta intercettati, i migranti saranno portati nel porto di Shëngjin, a due passi dal Montenegro, dove verranno sbarcati, identificati e sottoposti a screening. Da qui, saranno spostati in una sorta di cpr nella vicina Gjadër. “L’Albania - si legge in una nota - collaborerà per la sicurezza e la sorveglianza”. Ma le due strutture saranno sotto giurisdizione italiana. Dovrebbero complessivamente ospitare 3.000 persone e secondo la premier “grazie alle procedure accelerate volute da questo governo, che consentono di processare le richieste di accoglienza entro 28 giorni, il flusso sarà di circa 36 mila persone all’anno”. Il protocollo “disegna la cornice politica e giuridica della collaborazione” a cui seguiranno i provvedimenti tecnici, incluse le coperture finanziarie. I centri dovranno “essere operativi entro la primavera 2024”. All’intesa ha dato un importante contributo l’ambasciatore italiano a Tirana, Fabrizio Bucci, che in molti vedono come possibile successore di Francesco Talò, ormai ex consigliere diplomatico della premier.

Un portavoce della Commissione sentito da La Presse si dice “a conoscenza dell’accordo”, sia pure senza “aver ancora ricevuto informazioni dettagliate”. Consapevoli che il patto “dovrà essere tradotto in legge e ulteriormente implementato. È importante che qualsiasi accordo rispetti pienamente il diritto comunitario e internazionale”.

L’intesa è nata nell’ormai famosa visita lampo di Giorgia Meloni in Albania nei giorni in cui era in vacanza in Puglia. Che aveva dato il via ad alcune polemiche sull’italianità delle vacanze e sul conto pagato a un ristorante per alcuni nostri connazionali scappati dopo aver mangiato. “Altro che aperitivi...” si commenta a Palazzo Chigi. Per la premier “l’immigrazione di massa è cosa che gli Stati non possono affrontare da soli”. E dunque, ecco la cooperazione “con gli Stati che solo per ora sono extra Ue”, fiera “che l’Italia sia da sempre uno dei grandi sostenitori dell’Albania nell’Ue”. Il discorso del premier Edi Rama, socialista, in alcuni passaggi è toccante: “L’Albania non è uno stato Ue, ma questo non ci impedisce di vedere il mondo come europei”. Ma “noi non avremmo fatto questo accordo con nessun altro. Per la natura storica e culturale ma anche emozionale” del rapporto con l’Italia. L’intesa serve a dare “respiro in una situazione difficile”. Dal Pd, commenta Peppe Provenzano: “Nel migliore dei casi un pasticcio, nel peggiore una violazione di diritti. Ma la “dottrina” Meloni è chiara: rinuncia in Ue a cambiare Dublino (per non turbare gli amici nazionalisti) e accordi indegni che nemmeno funzionano (Tunisia)”. Per Angelo Bonelli (Verdi) è “una vera deportazione”, per Riccardo Magi (+Europa) “una Guantánamo italiana”.