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di Eleonora Camilli

La Stampa, 20 settembre 2023

Le Regioni contro i Cpr chiesti dal governo per la detenzione dei migranti irregolari. Critiche dal Veneto alla Campania: “Il vero problema è accogliere, non respingere”. In molti rumoreggiano, alcuni si dicono pronti alle barricate. Parte in salita la nuova strategia annunciata da Giorgia Meloni per contrastare l’immigrazione irregolare. La realizzazione di centri per il rimpatrio (Cpr) in ogni Regione, dove detenere le persone fino a 18 mesi, incontra il secco no dei territori. In queste ore i governatori di centrosinistra, ma non solo, annunciano battaglia contro l’apertura delle nuove strutture.

La giornata si era aperta con la presa di distanza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dalla teoria, espressa dal vicepremier Matteo Salvini, secondo cui dietro gli sbarchi ci sarebbe una regia: “Io non ho prove, se Salvini lo ha detto le sue supposizioni avranno sicuramente qualche fondamento. Lui da leader politico può dirlo, io da ministro dell’Interno devo avere prove concrete”. Per frenare i sospetti di una freddezza con il suo ex capo di gabinetto, Salvini è intervenuto in serata: “Massimo sostegno a Piantedosi”.

Ma il fronte più caldo resta quello dei Cpr. Il primo governatore ad alzare la voce è il toscano Eugenio Giani: “Non darò l’ok, non esprimerò mai la condivisione a nessun Cpr”. Sottolinea che il governo sta “prendendo in giro gli italiani, perché il problema dei migranti è come farli entrare e accoglierli, non come buttarli fuori. Cosa c’entra il Cpr con la risposta ai flussi emergenziali che arrivano oggi?”. Sulla stessa linea il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che boccia la possibilità di un nuovo centro sul suo territorio, ancora alle prese con i danni dell’alluvione: “I grandi hub hanno fallito, lo dice chiunque, è inutile girarci attorno”. Quel che serve, insiste, è “un’accoglienza diffusa che permetta di avere meno pressione su singoli territori e distribuire meglio un carico che sta diventando molto pesante”. Per Bonaccini il governo sta improvvisando, né lui né gli altri colleghi sono stati informati dell’apertura di nuovi centri: “Se qualcuno vuole costruire un Cpr da qualche parte in Italia ci chiami a Roma”.

Scettico da mesi sulle strette più volte annunciate dal governo è però anche il presidente del Veneto, Luca Zaia. Per il governatore leghista puntare sui rimpatri è come “svuotare il mare con un secchio”. “Su 107.000 persone con provvedimento di rimpatrio abbiamo avuto 20.000 rimpatriati. E dal 2021 a oggi non abbiamo mai superato i 4.000 all’anno”, dice. “Ci saranno anche i Cpr, ma non ce la faremo mai”. Perplessi sarebbero anche i governatori di Marche e Molise, mentre Arno Kompatscher, temendo lo scaricabarile, ha chiesto al ministro Piantedosi la rassicurazione che il Cpr in Alto Adige sia solo per “esigenze locali”.

Di “annunci fatti solo per digrignare i denti” parla Mario Morcone, assessore alla Legalità, sicurezza e immigrazione della Campania. “Non abbiamo notizie per ora di un nuovo centro, ma credo che tanto rumore per nulla sia solo un colpo di teatro”. Secondo quando previsto nell’ultimo Cdm le nuove strutture, individuate dal ministero della Difesa, dovrebbero sorgere in località a bassissima densità abitativa. Ma per Morcone, già capo Dipartimento al ministero dell’Interno, il piano è difficilmente realizzabile. “Sono 20 anni che ne parliamo, da quando al Viminale c’era Maroni, poi l’idea è stata riproposta da Amato, Alfano e Minniti. Ma non è mai stato fatto niente. La Difesa ha una tradizione decennale per tempi infiniti nella realizzazione delle strutture. Se devono ancora individuarle, poi ristrutturarle e fare le gare per l’appalto, passeranno mesi. Nel frattempo saremo già alle elezioni europee”. L’assessore campano parla di “pura cattiveria” nell’allungamento dei termini di trattenimento: “Mettiamo in galera le persone senza che abbiano commesso un reato. Ci costerà una follia. Nel frattempo i rimpatri, come sempre, rimarranno più o meno gli stessi in mancanza di accordi con i Paesi di origine. Davvero si pensa che questo sia un deterrente? Se una persona è disperata, non ha di che vivere, si spaventa a essere trattenuto in un Cpr?”.

Critiche arrivano anche dai sindacati delle forze dell’ordine. “La misura è colma”, sottolinea Unarma, associazione che rappresenta i carabinieri: “Il governo annuncia nuovi centri sapendo che non ci sono forze di polizia disponibili perché ridotte all’osso”. Anche le associazioni che si occupano di tutela di migranti e rifugiati parlano di “propaganda spicciola”. Cild, coalizione che racchiude diverse organizzazioni, tra cui Antigone, dati alla mano, ricorda che nel 2013 e 2014, quando i tempi di trattenimento erano di 18 mesi, si rimpatriavano la metà delle persone. Proprio come ora.