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di Paolo Delgado

Il Dubbio, 8 novembre 2023

L’accordo sui migranti potrebbe finire sotto una pioggia di ricorsi che potrebbero far emergere violazioni della Costituzione e del diritto di asilo. Giorgia Meloni ha disperatamente bisogno di un successo, un risultato tangibile, sul fronte dell’immigrazione. Alcuni giorni fa un sondaggio ha provato a scomporre il gradimento del governo per argomenti: sul fronte esteri la premier va a gonfie vele, l’approvazione è tale che evidentemente coinvolge anche molti elettori dell’opposizione.

Il quadro si capovolge quando si parla di immigrazione: qui la percentuale di approvazione delle politiche del governo è raso terra. Segno chiaro, anche in questo caso, che buona parte del suo stesso elettorato è deluso e scontento. Ma per la destra l’immigrazione non è un dossier come gli altri: presentarsi agli appuntamenti elettorali con un fiasco sul tema più identitario che ci sia è molto rischioso. Forse, anzi probabilmente non subito, non per le prossime europee. Ma alla lunga la ferita potrebbe rivelarsi letale.

Non che la premier non ci abbia provato nel suo primo anno di governo. Però non gliene è andata bene una. Colpa del suo governo e di decreti, a prescindere dal giudizio etico e di merito che si dà, scritti con i piedi, superficialmente, quindi esposti a sentenze che li vanificano, come nel caso del Dl Cutro. Altre volte gli ostacoli sono esterni e non dipendono dalle capacità del governo italiano: è il caso del memorandum con la Tunisia affondato da una Ue che non lo approvava, nonostante a firmarlo fosse stata la presidente della Commissione von der Leyen, semplicemente tenendo chiusi i cordoni della borsa, senza sganciare al tunisino nulla di quanto pattuito.

Dunque la premier, lavorando in segreto e con massima discrezione, senza neppure avvertire l’amica del cuore von der Leyen, ha messo in piedi una manovra il cui significato è forse più politico che tecnico-operativo: l’accordo con l’Albania di Edi Rama. Nella pratica l’accordo dovrebbe spostare circa 38mila richiedenti asilo in due centri su territorio albanese perché sotto giurisdizione italiana. In caso di respingimento delle richieste d’asilo, sarebbe poi la stessa Italia a farsi carico dei rimpatri e ancora l’Italia, ha sottolineato il pur molto disponibile Rama, sarebbe tenuta a farsi carico di quei migranti con domanda respinta ma che non si riesce a rimpatriare.

Tecnicamente e giuridicamente l’intera faccenda è spinosa e scivolosa, a maggior ragione in mancanza di un testo definito in grado di rispondere, o di non riuscire a rispondere, ai numerosi interrogativi inevasi posti da ogni dove dopo l’annuncio dell’accordo: chi si occuperà della gestione del campo, quali margini di libertà avranno i migranti sbarcati in Albania, chi li giudicherà nel caso siano imputati per qualche crimine, chi e come garantirà sul rispetto dei diritti dei richiedenti asilo. Sono punti essenziali, come essenziale è capire, conti alla mano, quanto la scelta sia davvero utile oppure, come sostiene l’opposizione, costosa oltre che inutile e contraria al diritto costituzionale ed europeo.

Ma il cuore della faccenda è politico, non tecnico. Impastoiata da un’Europa che non è quella dei vertici da cui la premier esce sempre “pienamente soddisfatta” ma è quella della quale si lamentava a cuore aperto col sedicente interlocutore africano, quella che c’è sempre a parole e mai nei fatti, quella i cui leader nemmeno rispondono al telefono, l’italiana prova a dimostrare che può fare da sola, ignorando l’Europa, e che è disposta a farlo. Non è una mossa del tutto azzardata: a Bruxelles questo governo gode di appoggi e sostegni insospettabili fino alla sua nascita e il più pesante è proprio quello della presidente della Commissione.

Nonostante si tratti in tutta evidenza di una mossa che ignora a bella posta l’Europa e i suoi vincoli, infatti, von der Leyen ha accuratamente evitato ogni critica e anzi i portavoce della Commissione hanno tracciato una separazione un po’ assurda tra i migranti salvati nelle acque nazionali, soggetti ai vincoli europei, oppure internazionali, dove invece quei vincoli non varrebbero. Salvo il particolare per cui le navi della Marina italiana, le uniche che sbarcherebbero gli immigrati in Albania, sono sempre e comunque territorio italiano, quindi soggetto alle regole europee, quali che siano le acque in cui navigano.

Scudo della presidente a parte, l’Italia rischia forte di ritrovare la sua mossa a effetto bocciata dall’Europa. Ma rischia ancora di più di vederla affondata, ancora una volta già dalla magistratura italiana. I ricorsi ci saranno e ancora una volta alcuni magistrati non mancheranno di ravvedere violazioni della Costituzione e del diritto di asilo. Insomma, ancora una volta la ciambella di Giorgia Meloni rischia di uscire dal forno incandescente del problema immigrazione senza buco.