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di Laura Anello

La Stampa, 13 gennaio 2024

Il leader della Lega rivendica i buoni risultati sul calo degli sbarchi, ma fu l’effetto del patto Italia-Libia siglato da Minniti. E le vittime nel Mediterraneo aumentarono. Lo scandisce all’apice di una dichiarazione spontanea che dura 59 minuti, con toni da comizio. “Durante la mia gestione del ministero dell’Interno sono diminuiti in maniera considerevole gli sbarchi e soprattutto i morti, di questa cosa ne vado orgoglioso innanzitutto come genitore. Meno sbarchi e meno morti, cosa che non è accaduta dopo”. Parla nell’aula bunker di Palermo Matteo Salvini, sotto processo per sequestro di persona per il caso della nave Open Arms, quando dal 2 al 20 agosto 147 migranti salvati dall’imbarcazione dell’Ong - 32 minorenni - rimasero in mare senza potere sbarcare.

Lui, allora ministro degli Interni, oggi al dicastero dei Trasporti, agitava lo spettro del rischio di infiltrazioni terroristiche, oltre che la consueta bandiera della difesa del sacro suolo. Estate caldissima, con il governo Conte 1 che si avviava al capolinea. Adesso Salvini passa al contrattacco, provando a rivendicare i risultati di quegli anni, con una punta di veleno “su quel che è accaduto dopo”. Un dopo che fa riferimento al ministro Lamorgese, suo successore, ma che pare alludere con una punta di veleno anche all’attuale governo Meloni, quando i numeri dei migranti sono tornati a crescere.

In realtà, a guardare i grafici, le cose non stanno come dice Salvini, ministro degli Interni dal giugno 2018 al settembre del 2019. Il punto di crollo degli sbarchi e dei morti coincide con quel memorandum Italia-Libia voluto nel 2017 dall’allora presidente del consiglio Gentiloni e dal suo ministro Marco Minniti, firmatari di quel patto più che controverso con il governo libico che fece insorgere un pezzo di sinistra (e rinnovato alla sua scadenza nel 2022): finanziamenti alla guardia costiera del Paese africano, cooperazione per evitare le partenze e tutto quello che aprì la strada alla “caccia al migrante”, alle prigioni, alle detenzioni.

Ma sui numeri il patto funzionò eccome, mentre l’Europa si girava dall’altra parte: gli arrivi via mare nel 2016 erano stati oltre 181 mila, spinti dalle crisi internazionali, nel 2017 scesero a 119.369. Nel 2018 - quando Salvini si insediò e gli effetti del memorandum andarono a regime - gli sbarchi diventarono 23.370, scesero ancora nel 2019 a 11.471, e risalirono nel 2020 a 34.154, per poi puntare di nuovo verso l’alto, quando si aprì la crisi tunisina e nacque la nuova rotta.

Il biennio Salvini è figlio indiscutibilmente delle scelte precedenti. Quanto ai morti invece, secondo il rapporto “Viaggi disperati” dell’Unhcr, nei mesi del 2019 che videro Salvini ministro degli Interni, morirono cercando di raggiungere l’Italia dalla Libia 637 migranti. Nell’anno precedente, il 2018 (gestito per metà da Salvini) i morti e i dispersi in mare furono 1.312. Rispetto al predecessore Minniti, un incremento del 19 per cento.

Ma non c’è solo la rivendicazione dei successi nelle dichiarazioni spontanee di Salvini. C’è il ribadire che quelle scelte furono di tutto il governo di allora: “La politica in tema di immigrazione, che puntava a contrastare il traffico di essere umani, era condivisa da tutto il governo. Dal presidente del consiglio Conte e dai ministri Di Maio e Toninelli”. Una “chiamata di correo” che l’ex premier, quando depose come testimone un anno fa, respinse in modo deciso: “Sollecitai al ministro Salvini il rilascio del porto sicuro - disse - perché fare sbarcare i minori era indiscutibile. Cercai di esercitare una sorta di moral suasion, perché la posizione del Viminale mi appariva non avesse il minimo fondamento giuridico, prima che politico”.

Così come smentì un altro punto su cui Salvini ieri è tornato, sostenendo che fosse prassi non consentire lo sbarco senza un accordo di redistribuzione dei migranti con gli altri Paesi. “Non ho mai detto che la condizione dovesse essere la redistribuzione preventiva” ha sostenuto Conte, così come l’ex ministro Lamorgese. Posizioni contrastanti anche sulla presenza di eventuali terroristi: “Ho tutelato la sicurezza nazionale, le stragi avvenute in Francia, Germania e Belgio sono state commesse da persone arrivate illegalmente in Italia” ha detto ieri Salvini. “Mai sentito di terroristi o criminali a bordo” gli ribatte Conte. Erano tempi, quelli, in cui ci si preparava a raccogliere i cocci del governo. Adesso, in vista delle Europee, si torna a parlare per proclami.