di Niccolò Zancan
La Stampa, 29 gennaio 2023
La nave con 237 persone a La Spezia ma i tre salvataggi in mare violano il decreto del governo. I soccorritori: “Sarebbero morti tutti”. Scende una bambina dalla nave. Arriva dal Mali. Ha un sorriso talmente irresistibile e uno stupore così meravigliato, che da terra scoppia un applauso. “Benvenuta”, dice un uomo della Croce Rossa con le lacrime negli occhi. Alle 15.03 del 28 gennaio, dopo tre salvataggi davanti alle coste della Libia e 1400 chilometri di navigazione punitiva, la nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere ha attraccato al porto di La Spezia portando in salvo 237 persone, di cui 87 minorenni e anche una bambina di 11 mesi.
Su quella bambina, tirata fuori dalle onde al terzo salvataggio consecutivo, si combatterà adesso la battaglia decisiva fra il governo italiano e le Ong. Perché secondo il decreto legge firmato dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni, proprio quella bambina non doveva essere tratta in salvo. Nessuna nave delle Ong può fare salvataggi multipli. Questo dice il decreto: non può cambiare rotta. Immediatamente dopo il primo soccorso, ha l’obbligo di puntare verso il porto assegnato. Le Geo Barents non lo ha fatto.
“Dopo aver concluso la prima operazione di salvataggio alle cinque di pomeriggio del 24 gennaio, stavamo puntando verso nord, in direzione del porto di La Spezia, così come ci era stato ordinato. Ma alle 3.40 del mattino del 25 gennaio, mentre ancora navigavamo nelle acque fra la Libia e le coste della Sicilia, abbiamo ricevuto un’altra richiesta di soccorso. Quindi abbiamo invertito la rotta. Di nuovo a sud”. Il capo missione Juan Matias Gil sa perfettamente che proprio questo tipo di virata è proibita dalle nuove norme sui salvataggi. Non si può fare. Ma è convinto, assieme a tutto l’equipaggio, che ci sia una disposizione internazionale di valore superiore: la legge del mare. Quella che impegna i naviganti, anche moralmente, a non lasciare nessuno in condizioni di pericolo.
“Alle 6.51 del 25 gennaio abbiamo affiancato un’altra imbarcazione in grave difficoltà in mezzo al mare in corrispondenza della città libica di Zuara e siamo intervenuti, poi alle 11.51 di quello stesso giorno siamo arrivati sul punto del terzo soccorso. A bordo di un gommone carico all’inverosimile c’era la bambina che piangeva, la bambina di 11 mesi abbracciata alla mamma di 17 anni”.
Adesso cosa succederà? Questa è la domanda: il governo multerà l’equipaggio di Geo Barents? Porrà questa nave dei soccorsi sotto sequestro? Ieri era difficile capirlo. Mancavano le risposte. Perché nessuno si era mai ritrovato prima in una situazione del genere.
I giornalisti erano tenuti a debita distanza, su una terrazza da cui si vedeva il traffico delle merci. Il porto e le cave imbiancate di Carrara. I container. E la Geo Barents, finalmente, attraccata a Calata Artom. Lì c’erano le tende per i primi controlli medici: casi di scabbia, ustioni, un’intossicazione, una gamba frattura, molto sfinimento. “Hanno occhi che fanno capire tutta la sofferenza attraversata”, diceva un soccorritore.
La prefetta di La Spezia, Maria Luisa Inversini, chiamata dal nuovo decreto a prendere le decisioni sul caso, non si è sottratta alle domande: “È una situazione nuova. Ci vuole tempo. Gli accertamenti tecnici non sono ancora incominciati, saranno molto complessi. Finché non c’è un verbale io non ho alcun elemento di valutazione”. A chi tocca accertare? “Non alla prefettura. Magari alla polizia o alle autorità portuali. Non lo so. Non basta che l’equipaggio abbia dichiarato di aver fatto tre soccorsi, servono riscontri ufficiali prima di una decisione nel merito”. Lei cosa pensa che sarebbe giusto fare in questo caso? “Io sono una funzionaria dello Stato e applico le leggi dello Stato, ma aggiungo che per nove anni mi sono occupata di protezione internazionale e posso assicurare che sarà garantito il massimo rispetto dei diritti di tutti”.
Così dopo Salerno, dopo Ravenna e dopo Ancona, il porto scelto dal governo è stato quest’altro, anch’esso molto lontano, di La Spezia. Il primo amministrato da una giunta di centrodestra. Il sindaco si chiama Pierluigi Peracchini: “Ho chiesto aiuto al ministro dell’Interno Piantedosi, e l’aiuto è arrivato immediatamente. Questa città si mostrerà all’altezza della solidarietà umana che serve. Sul fermo amministrativo della nave tocca alla procura decidere, non a noi. Noi abbiamo cercato di organizzare al meglio l’accoglienza”.
Dopo le visite mediche, le 237 persone arrivate a La Spezia hanno passato la notte nella vecchia sede della agenzia delle dogane. Brande azzurre, cibo, acqua calda. Al piano di sopra i minori e le famiglie, anche quella bambina partita dal Mali. Ma per quasi tutti i migranti è già stata trovata una sistemazione altrove - ecco l’aiuto del ministro Piantedosi - in diverse regioni del Nord.
Quando ormai era notte, Riccardo Gatti, il responsabile dei soccorsi della Geo Barents, ripensava a quello che aveva appena vissuto in mare: “La bambina piangeva. Erano in cento su quel vecchio gommone. Erano ustionati dalla benzina e intossicati. Stava arrivando il maltempo. Il pericolo era concreto e imminente. Sarebbero morti tutti. Cosa avremmo dovuto fare?”. Al governo italiano l’onere di questa risposta.