sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giuliano Battiston

Il Manifesto, 3 giugno 2023

Il rapporto dell’International Rescue Committee: “Sconcertante negligenza”. Nell’agosto 2021 l’Europa prometteva di non lasciare nessuno indietro, ma di 273mila rifugiati afghani ne sono stati reinsediati solo 271. Ricordate le promesse fatte agli afghani nell’agosto 2021, quando venivano giù le istituzioni della Repubblica e i Talebani conquistavano Kabul e l’intero Paese? Gli impegni solenni a “non dimenticare l’Afghanistan” e a non lasciare indietro nessuno, soprattutto tra quanti avevano collaborato con la Nato o con il regime appena rovesciato?

Beh, erano promesse vuote. Così sostiene un rapporto reso pubblico tre giorni fa dall’organizzazione International Rescue Committee: Two years on: Afghans still lack pathways to safety in the EU.

A quasi due anni da allora, le politiche dell’Unione europea per il reinsediamento e l’apertura di vie d’accesso sicure all’Europa sono segnate da “una sconcertante negligenza”. Perché se è vero che tra il 2021 e il 2022 in Europa sono stati ammessi 41.500 afghani a rischio, si tratta di un numero “ampiamente insufficiente” rispetto alle possibilità dell’Ue e al numero di afghani a rischio.

Si tratta inoltre di numeri equivoci. Qualche governo ha pensato bene di fare il gioco delle tre carte, contando gli afghani fatti arrivare con le evacuazioni dei drammatici giorni di agosto 2021 “come parte delle loro quote globali di reinsediamento”. Il reinsediamento - il ricollocamento dei rifugiati afghani dai Paesi di primo asilo, in genere quelli confinanti l’Afghanistan, in altri Paesi di accoglienza - non funziona affatto. Secondo l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, nel gennaio 2023 erano 1,6 milioni gli afghani arrivati nei Paesi confinanti dall’agosto 2021.

Oggi, si precisa nel rapporto, “rappresentano la terza più ampia popolazione di rifugiati al mondo e i bisogni di reinsediamento dei rifugiati afghani nella regione sono cresciuti rapidamente, quasi triplicando in un anno: da 96mila nel 2022 a più di 273mila nel 2023”. Secondo l’Onu dunque sono 273mila i rifugiati afghani da reinsediare. Ma nel 2022 sono stati reinsediati nell’Unione europea soltanto 271 afghani: lo 0,1 per cento del totale. È vero che alcuni Paesi hanno accolto anche attraverso altri meccanismi (l’Italia, per esempio, 600 persone finora con i corridoi umanitari), ma a mancare è una strategia organica, comune, un approccio “sostenibile e di lungo termine”.

L’International Rescue Committe sollecita dunque i Paesi membri dell’Unione europea a darsi come obiettivo minimo il reinsediamento di almeno 42.500 rifugiati afghani nel corso dei prossimi cinque anni (sono 5mila quelli ricollocati in Ue dal 2010). E a sostituire “la sconcertante negligenza” con un “rinnovato impegno politico” che rimuova gli ostacoli burocratici e materiali che impediscono l’accesso a canali migratori sicuri.

Dalla negligenza delle istituzioni europee e dalle politiche dei Talebani che scoraggiano l’emigrazione deriva infatti la necessità per afghani e afghane di affidarsi ai pedroni delle rotte migratorie: secondo il Missing Migrants Project dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2021 gli afghani morti nel tentativo di lasciare il Paese sarebbero stati 472. Una cifra record: uscire dall’Afghanistan “è più letale che mai”.

L’appello dell’International Rescue Committee rischia di rimanere senza risposta. L’Afghanistan in due anni è molto cambiato. L’Unione europea rimane simile ad allora. Proprio nell’agosto 2021, quando i distretti afghani cadevano con effetto domino nelle mani dei Talebani, i ministri degli Interni di Austria, Grecia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Belgio contestavano l’allora governo di Kabul per la richiesta di sospendere provvisoriamente i rimpatri degli afghani dall’Europa all’Afghanistan. Per ora, i rimpatri sono ancora sospesi. Ma non è detto duri a lungo.