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di Karima Moual

La Stampa, 15 luglio 2023

Tenere il più possibile lontani dai nostri occhi i migranti, le loro disgrazie, le loro ferite, i loro corpi, i loro volti e le loro storie di miseria, povertà e ingiustizia, costi quel che costi. Come può essere commentato se non in questo modo, l’avvio verso un nuovo memorandum d’intesa tra Tunisia e Europa con la madrina Giorgia Meloni, silenziando e girando le spalle alla violenza, il razzismo, l’abuso di potere ai danni dei migranti subsahariani, testimoniato in questi mesi da rapporti e infine dalle ultime immagini di Sfax, dove la caccia al nero è ormai istituzionalizzata da quello stesso discorso del presidente Kais Saied del 22 febbraio 2022.

È il giorno in cui dicendo di trattare in un Consiglio dei ministri la gestione dell’immigrazione nel Paese, ha parlato di sostituzione etnica, di orde di immigrati africani da fermare perché fonte di crimini, e se non bastasse, come il peggiore dei complottisti, ha dichiarato al suo popolo come la presenza africana sia un’impresa criminale ordita all’alba di questo secolo per cambiare la composizione demografica della Tunisia, al fine di trasformarla in un Paese solo africano (quindi nero, perché questa è la vecchia e sempre attuale ossessione) e offuscare le sue radici arabo islamiche. Orgoglio populista razzista arabo islamico contro tutti dunque.

Una propaganda eccellente per nascondere i motivi veri del default del presidente. Ma Kais quando parla lo fa in modo deciso. E lo ha detto senza battere ciglio e senza fare un passo indietro, ben sapendo che il razzismo arabo verso i neri è vivo e vegeto e basti fare un giro sui social per tastare con mano i numerosi video e i commenti razzisti, complottisti e violenti contro i migranti subsahariani che in questi anni sono aumentati in tutto il Maghreb, con la differenza che è soprattutto dalle coste tunisine che si ambisce ad arrivare prima in Europa. Infatti la risposta a Tunisi non è tardata ad arrivare.

Le violenze sono aumentate un giorno dopo l’altro, nel silenzio assordante di chi in questi mesi prova a spendersi in accordi economici e politici con Tunisi, diventata una meta calda per arrivi sulle nostre coste, perché appunto, i migranti bisogna tenerli lontani, costi quel che costi. L’ipocrisia europea sta tutta concentrata in questo modus operandi, dove si è molto bravi a impartire lezioni di democrazia e diritti dall’alto, ma anche molto lesti a girare le spalle sugli stessi, quando ci sono interessi che in quel momento sembrano più importanti.

Impotenti e miopi, politicamente parlando, verso la gestione di un tema epocale come quello delle migrazioni, quando ancora una volta sembra che ci sia solo la bussola europea, che in questo caso è nelle mani di Giorgia Meloni, perché la nostra premier si sta intestando il nuovo accordo con il presidente tunisino, l’uomo che si sta distinguendo in questi pochi anni di potere come il nuovo autocrate di Tunisi. Un gelido populista che non solo sdogana il razzismo arabo verso i subsahariani, come neri e africani da tenere alla larga perché inferiori, ma a Tunisi ha messo in soffitta la parola “democrazia” incarcerando oppositori politici e limitando la stampa.

Eppure, nonostante tutto questo e nonostante il Paese sia quasi sull’orlo del baratro, per una crisi economica senza precedenti - anche per scelte economiche e politiche sbagliate - a Kais Saied, Giorgia Meloni ha deciso di riservargli un posto d’onore con la cornice europea. La nostra premier, insieme alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, tornerà domenica in Tunisia con il primo ministro dei Paesi Bassi per firmare i dettagli di un accordo da un miliardo di euro, volto a combattere il traffico di esseri umani e sostenere l’economia al collasso del paese, dicono.

Eppure non c’è una parola su come accompagneranno questa ennesima somma di denaro, che serve a esternalizzare le frontiere europee in Africa, al rispetto dei diritti umani, dei migranti subsahariani ma anche degli stessi tunisini, che bisogna ricordarlo, continuano a vedere i loro diritti mutilati senza che nessuna batta un colpo. Nelle stesse ore in cui molti migranti subsahariani dopo i fatti di Sfax vengono deportati senza acqua né cibo nel deserto con la frontiera libica, e anche qui le immagini sono dolorose e raccapriccianti, le manifestazioni per la liberazione degli oppositori politici sono imponenti davanti alla Corte di appello di Tunisi.