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di Eleonora Camilli

La Stampa, 16 febbraio 2024

L’Oim: “Non c’è stato un crollo degli arrivi e non c’è nessun problema emergenziale”. Diminuiscono gradualmente gli arrivi dei migranti sulle coste italiane, ma raddoppiano i morti in mare. La rotta di chi cerca un futuro in Europa si sposta di nuovo dalla Tunisia alla Libia e si fa sempre più pericolosa. Dopo l’aumento dello scorso anno, che ha portato i numeri degli sbarchi a quota 157mila (il 67% in più rispetto all’anno precedente), da ottobre c’è stata una lieve inversione di tendenza. Che si conferma a inizio anno: fino a ieri sono 4.028 le persone approdate nel nostro Paese via mare. Nel 2023, nello stesso periodo, erano 7.587. In particolare, la diminuzione si nota sulle partenze dalla Tunisia, che l’anno scorso hanno registrato un flusso record (+220% sul 2022) diventando la principale rotta verso l’Italia.

Meno partenze, meno morti? La flessione nei numeri non paga però in termini di sicurezza. Secondo i dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) solo nei primi due mesi del 2024 le vittime del mare sono raddoppiate: erano 63 al 12 febbraio del 2023, se ne contano 125 a oggi. Un numero considerato al ribasso, perché a questi dati vanno aggiunti i cosiddetti naufragi fantasma, cioè quelli delle persone inghiottite dalle onde senza che nessuno ne abbia notizia. “Il nuovo anno dal punto di vista umanitario è iniziato male, c’è stato un aumento notevole delle morti nel Mediterraneo centrale a fronte di una diminuzione delle partenze lieve - sottolinea il portavoce dell’organizzazione Flavio Di Giacomo -. Non c’è stato un crollo degli arrivi e non c’è nessun problema emergenziale. L’unica emergenza è quella delle morti. E questo ci preoccupa perché dimostra quanto sia insufficiente il sistema di salvataggio in mare”. Già il 2023 si è chiuso con un numero altissimo di decessi: si è passati da 1.417 morti a 2.498.

Rotte sempre più pericolose - I pericoli per i migranti non sono rappresentati solo dai viaggi sulle carrette del mare, ma permangono per l’intera rotta. Stando alle denunce di diverse organizzazioni internazionali, tra cui Human rights watch, dall’estate scorsa la Tunisia ha iniziato a deportare al confine con la Libia e l’Algeria i migranti presenti nel paese. Questo ha messo in serio rischio le persone, spesso abbandonate nel deserto o costrette a passare per i lager libici.

L’accordo con l’Albania - Il discusso accordo con Tirana, ratificato ieri dal Senato, prevede il trattenimento nel Paese di là dall’Adriatico di circa tremila migranti, che verranno salvati in mare dalle navi della Guardia costiera. Secondo il governo questo potrà avere un effetto di dissuasione in grado di incidere sui flussi. Ma per le organizzazioni che si occupano di migranti e rifugiati è solo un bluff. Il commento più duro arriva dalla Cei: “673 milioni di euro in dieci anni andranno in fumo per l’incapacità di costruire un sistema di accoglienza diffusa del nostro Paese”, tuona monsignor Perego.