di Alessandra Ziniti
La Repubblica, 25 ottobre 2023
La lista dei nuovi nove Centri non c’è ancora ma in alcuni dei luoghi presi in esame, dall’Alto Adige all’Emilia Romagna, monta la protesta. Le strutture saranno realizzate dal Genio militare e affidate in gestione ad imprese private con una spesa di oltre 40 milioni di euro. La lista non c’è ancora e, bene che vada, arriverà non prima di un mese. C’è da superare l’ostilità di gran parte dei territori individuati come i più adatti ad ospitare le nuove prigioni amministrative destinate ad ospitare le migliaia di stranieri, più o meno pericolosi e senza titolo per rimanere in Italia, che il governo ritiene di poter rimpatriare più facilmente tenendoli chiusi, in regime di detenzione amministrativa, per 18 mesi. In barba ad ogni statistica, come quella accuratissima fatta da Action Aid, che dimostra come non solo l’allungamento dei tempi di detenzione nei Cpr non ha mai prodotto più rimpatri ma anzi come gli anni in cui l’Italia è riuscita a rimandare a casa più stranieri sono quelli in cui il periodo di detenzione era al minimo, tre mesi.
Le strutture blindate - E però è lì che il governo punta: a creare nuove carceri amministrative, dai costi spropositati e con strutture blindate. A realizzarle sarà il Genio militare per conto del ministero della Difesa e stando ad alcuni documenti visionati da Il domani i progetti prevedono strutture circolari, con un nucleo centrale composto da moduli prefabbricati da assemblare ma a prova di rivolta per evitare le vandalizzazioni e le distruzioni che, nella storia dei centri per i rimpatri, hanno costellato soprattutto gli anni in cui gli immigrati sono stati trattenuti più a lungo nella speranza che i Paesi d’origine li riconoscano e accettino di riprenderseli.
Costi altissimi - Strutture realizzate come vere e proprie carceri sebbene chi vi sarà detenuto non avrà alcuna pena da scontare né contestazione di reato penale, affidate dunque - come è sempre stato finora - a società private con specifiche gare d’appalto e senza che la vita all’interno sia soggetta alla giurisdizione di alcuno come avviene invece negli istituti di detenzione e pena. A costi che si prevedono altissimi, ben più dei 57 milioni di euro che sono costati negli ultimi cinque anni. Soldi a perdere, visto che la media dei rimpatri si aggira sempre tra i 3 e i 4 mila l’anno e che più della metà di coloro che sono stati detenuti nei Cpr con un foglio di espulsione in tasca, in mancanza di accordi che neanche questo governo sta riuscendo a fare, alla fine non viene rimpatriata. Carceri amministrative, di fatto, costruite per rimpatriare i tunisini, gli unici che vengono rimandati a casa. E infatti tunisini sono stati finora il 70 % dei detenuti nei Cpr rimpatriati.
Le sedi: dall’Alto Adige alla Campania - La lista, dicevamo. Al momento non si va oltre una serie di sedi, proposte dai prefetti al governo, nelle Regioni che non hanno ancora alcun Cpr, in zone a densità abitativa scarsa. E però le manifestazioni di protesta, dall’Alto Adige all’Emilia Romagna, sono già cominciate e altre ce ne sono in programma. Oltre a riattivare il maggior numero di posti nei Cpr già attivi in 11 regioni italiane, e in particolare quelli metropolitani a Milano e Torino, in ballo ci sono nove location: i più preoccupati sono i cittadini dell’Alto Adige e della Liguria i cui governatori, Kompatscher e Toti, hanno già dato l’ok alla realizzazione del Cpr. A Bolzano potrebbe sorgere in un’area individuata vicino all’aeroporto, in Liguria (esclusa la sede di Ventimiglia) in pole position ci sono due ex caserme, in provincia di Imperia e ad Albenga. Le aree vicine a piccoli aeroporti civili o militari sono prese in grande considerazione: in Emilia, ad esempio, si valuta l’edificio dell’ex aeroporto militare di Ferrara, in Toscana torna il nome di Aulla ma c’è la grande contrarietà del governatore Giani. Un Cpr dovrebbe essere realizzato anche nelle Marche, forse a Falconara Marittima, in Campania (ricorre il nome di Castelvolturno) mentre per ora il governo potrebbe soprassedere sulle strutture di piccole regioni come Umbria e Abruzzo. In Calabria si pensa a riattivare moduli abitativi attigui al Cara di Crotone e stessa cosa in Puglia con il Cara di Brindisi.