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di Luigi Manconi

La Repubblica, 26 gennaio 2023

Una sentenza del Tribunale di Bologna potrebbe segnare la svolta nella difesa dei diritti primari delle persone straniere nel nostro Paese. Tutti i richiedenti asilo hanno diritto a formalizzare la domanda di protezione internazionale e ad accedere alle forme di accoglienza previste in Italia. Non è un principio astratto, né un auspicio o un orizzonte al quale, a determinate condizioni, si possa aspirare: è la sentenza, una delle prime in Italia, emessa dal Tribunale di Bologna il 18 gennaio scorso, che ha dichiarato illegittimo il comportamento della Questura e della Prefettura di Parma.

Il ricorso al Tribunale è stato presentato dal Ciac (Centro immigrazione asilo e cooperazione internazionale) di Parma che, la scorsa estate, ha seguito la vicenda di un gruppo di richiedenti asilo costretti a “vivere in alloggi di fortuna e in spazi pubblici, senza avere la possibilità di accedere al servizio sanitario nazionale e di reperire un lavoro che gli assicuri i mezzi di sussistenza”. Nonostante gli innumerevoli tentativi da parte di questi ultimi di presentarsi agli uffici preposti per formalizzare la protezione e, quindi, accedere ai servizi di accoglienza, nessuno ufficio ha dato seguito alla loro domanda. Il Ciac di Parma ha parlato di un vero e proprio “muro di gomma” eretto dalla pubblica amministrazione, che ha costretto queste persone a vagare vanamente, senza alcuna forma di tutela, tra un ufficio pubblico e un altro.

Per il Tribunale di Bologna è “illegittimo ogni comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione diretto a ritardare/impedire la formalizzazione dell’istanza di protezione” e nell’obbligare l’ente pubblico “alla formalizzazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per richiesta asilo, con conseguente rilascio di un permesso provvisorio entro il termine di 20 giorni” e a garantire il diritto “ad accedere all’accoglienza per richiedenti asilo, entro il termine di 20 giorni”.

Vedremo, nei prossimi tempi, se questa sentenza risulterà una felice eccezione in una giurisprudenza ancora, nella maggior parte dei casi, arretrata e conservatrice o se ne deriverà una svolta importante per l’affermazione dei diritti primari delle persone straniere nel nostro Paese.