di Giuseppe Legato
La Stampa, 7 marzo 2023
La denuncia dei legali: “I 98 sopravvissuti nell’ex Cara in condizioni disumane”. Nove giorni fa l’imbarcazione turca Summer Love partita il 22 febbraio da Smirne si è schiantata in una secca a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro: più di 70 morti, di cui 16 bambini. Una strage. Dal giorno dopo i 98 sopravvissuti sono ospitati nei locali dell’ex Cara di Crotone, una struttura travolta anni fa dall’articolata inchiesta del procuratore Nicola Gratteri e che oggi torna al centro della bufera. Perché, pare di capire da autorevoli testimonianze di chi c’è stato dentro, “ospiti” è la parola sbagliata.
“Sono trattenuti in forma arbitraria in due capannoni inadeguati non solo per chi è scampato a un naufragio terribile, ma per qualunque essere umano. Vanno chiusi”. La voce della professoressa Alessandra Sciurba, docente all’università di Palermo e coordinatrice della Clinica legale Migrazione e diritti, racconta l’altra faccia della tragedia di Steccato di Cutro. “Da un lato c’è un paese che si commuove, dall’altro ci sono persone che si vedono negati i propri diritti”.
Insieme a Franco Mari, parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra è entrata l’altroieri in quei locali che - assicura - “sarebbero utili come spazio coperto per un gregge di pecore”. Precisazione: “Mi creda: siamo rimasti allibiti da quanto abbiamo visto: è una situazione che forse si può accettare in emergenza per 4 ore dopo lo sbarco. Il resto è illegale”.
Così dunque stiamo trattando i “survived”, uomini, donne e bambini riusciti ad arrivare a riva senza farsi inghiottire dal mare nella maledetta notte del 25 febbraio: “Ci sono una quarantina di letti con materassi di gomma piuma senza lenzuola, altri cinquanta o sessanta dormono su panche di ferro; donne e uomini condividono lo stesso bagno, ergo, per le signore, è impossibile fare una doccia. Hanno solo le ciabatte estive, le scarpe che sono arrivate sono calzature sbagliate. Nei capannoni non c’è riscaldamento”. Ancora: “Non possono uscire quando vogliono, non possono andare a trovare le salme dei loro parenti se non scortati dalle forze di polizia, non possono condividere il lutto con i parenti arrivati da tutto il mondo”.
Il punto è che non si capisce in quale regime tecnico-politico sono trattenuti lì dentro: “Se fosse un hotspot ci vorrebbe la convalida di un giudice e invece non c’è”. Su questo aspetto si è a lungo concentrato, negli ultimi giorni, il lavoro di un pool di legali e accademici dell’Asgi, associazione che si concentra sugli aspetti legali dell’immigrazione tra cui diritti umani e diritto marittimo internazionale. La nota dell’avvocato Lidia Vicchio è un coraggioso atto d’accusa alle istituzioni: “Dall’osservazione diretta all’ex Cara abbiamo rilevato l’assenza totale di indicazioni chiare e precise da parte del governo e della Prefettura di Crotone, l’assenza di una cabina di regia, anche per garantire supporto ai familiari delle vittime del naufragio, e una gestione scaricata completamente sull’amministrazione locale e sulle associazioni locali e non, che erano presenti”. Temi tecnici, che però sono diritti.
I sopravvissuti non dovrebbero stare lì dentro “ma nei centri di accoglienza straordinaria (Cas) istituiti con decreto (142/2015) del ministero dell’Interno, nei quali la permanenza è limitata alle esigenze di prima accoglienza e per l’espletamento delle operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica”. E una volta espletati gli adempimenti, vanno trasferiti nelle strutture Sai (Sistema di accoglienza e integrazione).
Il trasferimento - sostiene la legale - “non è un’opzione, ma legge” e “a tutt’oggi gli ospiti sono trattenuti, senza alcuna distinzione di genere, compresi i minori, in un unico locale”. Eppure i posti nei Sai “c’erano e ci sono, e di ciò era stata informata anche la Prefettura di Crotone; solo in provincia di Cosenza già dall’1 marzo, erano stati rintracciati ben 44 posti immediatamente disponibili che potevano, e possono, accogliere i superstiti”.
Al 3 marzo scorso, data del sopralluogo del pool di Asgi ci sarebbero - se possibile - altri diritti calpestati: Quali? “Lo straniero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi dove vengono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico ed è assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Ue”. Nemmeno questo.