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di Fiorenza Sarzanini

Corriere della Sera, 14 settembre 2023

Lampedusa è ormai allo stremo, i centri di accoglienza sparsi in Italia sono stracolmi, il numero dei rimpatriati continua a scendere perché la maggior parte degli Stati non completa le procedure per il rientro. C’è un numero che più di ogni altro fa ben comprendere che cosa abbia scatenato l’emergenza migratoria di questi giorni: 84.827. Sono gli stranieri sbarcati sulle coste italiane con mezzi propri dall’inizio dell’anno.

Barchini, pescherecci, gommoni utilizzati per la traversata da Libia e Tunisia da persone disposte a tutto pur di arrivare in Italia e in molti casi proseguire verso altre destinazioni. Partono di notte uomini e donne spesso con bimbi al seguito, ma anche minorenni soli, sfidano talvolta condizioni del mare proibitive pur di lasciare il proprio Paese. Altri 39.036 sono stati recuperati in mare dai mezzi di soccorso e soltanto 5.579 erano a bordo delle navi delle Ong. In totale fa 123.863 migranti. È una cifra da record, è possibile che alla fine di quest’anno si supererà quella del 2016 quando si arrivò a 181.436 presenze.

Lampedusa è ormai allo stremo, i centri di accoglienza sparsi in Italia sono stracolmi, il numero dei rimpatriati continua a scendere perché la maggior parte degli Stati non completa le procedure per il rientro. La situazione è ormai fuori controllo e rischia di aggravarsi nel giro di poche settimane. Ecco perché è urgente affrontare il problema lasciando da parte slogan, interessi di parte, campagne elettorali.

La gestione dei flussi non può e non deve diventare uno dei terreni di scontro in vista delle Europee. La promessa di fermare gli sbarchi fatta dalla coalizione di centrodestra prima di vincere le elezioni, si è infranta di fronte alla realtà. Perché un conto è ipotizzare soluzioni quando si è all’opposizione, un altro è gestire i problemi e trovare rimedi quando si governa. La necessità di far ripartire il sistema di accoglienza per chi ne ha diritto e individuare un percorso per far tornare a casa chi invece non ha i requisiti per rimanere, è ormai un’urgenza. Deve diventare priorità. Anche perché l’emergenza climatica, le catastrofi naturali, le guerre e i colpi di Stato che stanno fiaccando molti Stati africani, renderanno più imponente il numero di persone in fuga verso l’Italia.

Credere che la Tunisia rispetti gli accordi - peraltro non ancora sottoscritti - per fermare le partenze, si sta rivelando un’utopia. Degli oltre 8.000 stranieri giunti nelle ultime 48 ore a Lampedusa, più di 6.000 arrivavano proprio da spiagge e porti di quel Paese. Il vicepremier Matteo Salvini, che è stato al Viminale e ben conosce questa realtà, sostiene che “i 42 sbarchi di questi giorni sono un atto di guerra”, ma senza spiegare a chi si riferisca. Invece in questo momento così drammatico è indispensabile essere chiari, non generare confusione. “Siamo stati lasciati soli”, aggiunge e qui il riferimento all’Europa è evidente. È vero, ma non sono le ultime decisioni di Francia e Germania a dimostrarlo. Anche perché - come ha riconosciuto la stessa premier Giorgia Meloni - l’annuncio di Parigi di potenziare i controlli alla frontiera e quello di Berlino di non accettare richiedenti asilo dall’Italia sono la conseguenza della scelta che proprio il nostro Paese aveva comunicato mesi fa di non accettare ricollocamenti. Come se si fosse deciso unilateralmente di cambiare il trattato di Dublino. A lasciare sola l’Italia è stata l’Unione europea, hanno voltato le spalle gli Stati del gruppo di Visegrád - Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia - sui quali faceva affidamento proprio il centrodestra.

Bisogna dunque cambiare passo. È giusto pretendere che la commissione Ue si faccia carico di mediare con i Paesi di provenienza dei migranti, ma l’approccio del governo deve essere diverso. A Bruxelles si deve trattare evitando di mostrare i muscoli con i partner alimentando una battaglia che non può portare nulla di buono. A Roma si deve chiedere la collaborazione di sindaci e governatori per riattivare i centri di accoglienza, distribuire i migranti in tutto il Paese, regolarizzare chi possiede i requisiti. Soltanto governando davvero l’emergenza migratoria e garantendo i diritti, si potrà ottenere il rispetto dei doveri da parte di chi arriva. E ottenere quella distribuzione in tutta Europa da anni invocata e mai realizzata. Per chi parte dall’Africa, l’Italia continuerà ad essere la porta di accesso. Difficile credere che a impedirlo saranno nuovi decreti sicurezza. Se non si vuole rimanere soli, bisogna mettersi nelle condizioni di collaborare con gli altri.