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di Francesco Bei

La Repubblica, 31 agosto 2023

Lo scontro Salvini-Meloni sulla cabina di regia a palazzo Chigi e quello che servirebbe davvero per l’emergenza immigrazione. L’ultimo scontro nel governo sulla cabina di regia per i migranti si è svolto, al netto delle smentite di rito, lontano dai riflettori. Giorgia Meloni ha accentrato a palazzo Chigi la gestione dell’emergenza sbarchi, chiarendo che il terminale delle operazioni e del coordinamento tra i ministri sarà d’ora in poi il sottosegretario Alfredo Mantovano, suo fedele braccio destro e sinistro. Una novità che non è stata presa bene da Matteo Salvini che si è visto estromettere dalla gestione politica del dossier, nonostante il Viminale ricada nella sfera d’influenza del Carroccio. Certo, per il segretario della Lega può a questo punto risultare anche molto comoda questa esclusione. Con le Europee tra dieci mesi, Salvini può assistere da spettatore al prevedibile fallimento dei fragili argini politici e diplomatici che il governo sta provando ad alzare per far fronte al boom di partenze. Prova ne sia l’aumento vertiginoso dei barchini dalla Tunisia del dittatore Saied, nonostante le visite al massimo livello della stessa Meloni e il memorandum (con annessi finanziamenti) firmato tra Roma e Tunisi. Non ci sono soluzioni facili in vista e Salvini potrebbe a questo punto far sua l’espressione di Matteo Renzi all’epoca dell’alleanza M5S-Lega - “ora tocca a loro e pop-corn per tutti!” - salvo che la débâcle del governo, essendone uno dei vicepremier, finirebbe inevitabilmente per travolgere anche lui.

Ma quanto sta accadendo non è un problema della maggioranza e non si limita a intaccare i rapporti interni al centrodestra. La situazione sempre più difficile che stanno sperimentando sindaci e presidenti dei Regioni di ogni colore, le tendopoli che iniziano a spuntare nei comuni, i giardinetti davanti alle stazioni ferroviarie trasformati in campi profughi, sono segnali di un’emergenza sfuggita a ogni controllo. Il problema riguarda tutti. Aprendo il primo Consiglio dei ministri dopo le vacanze, la premier ha ammesso che “è difficile spiegare all’opinione pubblica quello a cui assiste e lo capisco bene: i dati dicono che c’è un forte aumento rispetto all’anno precedente”. Se crede, possiamo darle qualche suggerimento se mai volesse rivolgere agli italiani un discorso di verità su quanto sta accadendo e su come uscirne.

La prima cosa dovrebbero essere delle scuse per aver, insieme a Salvini, sparso demagogia a piene mani per anni sul tema immigrazione. Porti chiusi, espulsioni di massa, “prima gli italiani” nei lavori e nell’assistenza, complicità delle Ong con gli scafisti: tutte bugie, esagerazioni, propaganda becera con la quale la destra ha turlupinato anzitutto i suoi stessi elettori, trascinandoli verso un sentimento di paura e finanche di odio verso gli stranieri. Meloni non è responsabile del boom di sbarchi più di quanto non lo fossero i governi che lei attaccava quotidianamente. Il sito di fact checking Pagella politica ha calcolato che il record di partenze ci fu nel 2017, quando Meloni e Salvini strillavano contro il governo di Paolo Gentiloni: 119 mila sbarchi. L’anno dopo scesero a 23 mila. A ieri, primo anno di governo della destra, siamo a quasi 114 mila, ma restano ancora mesi per superare il picco di sei anni fa.

La seconda cosa da dire è che l’Europa c’entra, ma fino a un certo punto. Non è vero, come dice la Lega e come ripetono i ministri anche di FdI, che l’Europa non fa niente. È una farneticazione immaginare, come ha detto il sindaco di Trieste Roberto Di Piazza, addirittura un complotto europeo contro l’Italia. Bruxelles in quanto tale su questo punto non conta, esistono soltanto gli interessi delle Nazioni sovrane tanto care alle nostre destre, con i loro prevedibili egoismi. È una guerra di tutti contro tutti e davvero, su questo punto, servirebbe più Europa. Purtroppo le destre hanno sempre predicato il contrario.

Terzo punto: sarebbe l’ora di finirla con la retorica falsa della lotta agli scafisti. Come se la repressione penale in tutto l’orbe terraqueo servisse a fermare le partenze. Se anche stabilissero l’ergastolo o la fucilazione sul posto per i trafficanti di uomini, ammesso di poterli arrestare in Paesi stranieri, non cambierebbe nulla. Leggi durissime e carceri piene di mafiosi impediscono forse alla criminalità organizzata di continuare a riempire di droga le nostre città?

Quarto, l’illusione dei Cpr. La politica del Viminale ora è tesa a creare dei grandi centri per i rimpatri in ogni regione. Fermatevi, state creando un problema più grande di quello che volete risolvere. I respingimenti e i rimpatri non si possono fare senza accordi preliminari con i Paesi di provenienza, le poche migliaia di (carissimi) voli effettuati finora sta lì a dimostrarlo. Finirà che si creeranno enormi carceri all’aperto dove spostare i migranti che ora sopravvivono ai margini delle nostre città. Avremo tolto il problema da sotto gli occhi per un po’, ma non avremo risolto nulla.

E allora, cara Meloni, l’ultimo consiglio non richiesto è quello di prendere il toro per le corna. Come le ha suggerito sommessamente anche l’ex ministro Minniti, si tratta di prendere atto che la legge Bossi-Fini, figlia di un’altra epoca, non funziona più. Voi stessi ve ne rendete conto visto che avete triplicato i numeri del decreto flussi. C’è un enorme domanda di forza lavoro in Italia che non riesce a incontrare legalmente l’offerta. Rendete possibile assumere i lavoratori stranieri, rendete facili i permessi di soggiorno, legalizzate la clandestinità facendo emergere questi “fantasmi” in modo che possano iniziare a integrarsi con noi, studiare l’italiano, imparare un mestiere, mandare a scuola i propri figli. E, infine, fate diventare cittadini italiani i ragazzi e le ragazze che sono cresciuti qui. Questo, almeno, farebbe un vero partito conservatore.