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di Giansandro Merli

Il Manifesto, 26 ottobre 2023

A maggio 2021 Moussa Balde si era tolto la vita nella struttura detentiva torinese. Era recluso nel reparto d’isolamento dell’Ospedaletto. Omicidio colposo. È l’accusa che la procura di Torino muove a direttrice e medico del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Corso Brunelleschi dove il 23 maggio 2021 si è tolto la vita Moussa Balde. Il ragazzo aveva appena 23 anni, era originario della Guinea ed era stato portato nella struttura detentiva dopo aver subito un’aggressione, ripresa da un video diventato virale, a Ventimiglia. La sua unica colpa: non avere i documenti in regola. La terza richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pm riguarda un ispettore di polizia a cui sono contestati i reati di falso ideologico e favoreggiamento. Per il direttore dell’ufficio immigrazione e altri due agenti, invece, i magistrati chiedono l’archiviazione. L’ipotesi di reato era sequestro di persona.

L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo, dalla procuratrice reggente Enrica Gabetta, dal pubblico ministero Rossella Salvati e dal pubblico ministero Giovanni Caspani e ha messo al centro la gestione “impropria” della struttura. In particolare per quanto riguarda il reparto dell’Ospedaletto, criticato in diverse occasioni anche dal Garante nazionale dei detenuti Mario Palma. Il settore era inizialmente destinato alle persone che necessitavano cure mediche ma secondo l’accusa sarebbe stato utilizzato anche per isolare chi protestava contro le condizioni di vita nel centro (chiuso da marzo per le rivolte interne). Questa funzione punitiva non era regolata da alcuna norma. È in quel reparto che Balde si è suicidato. Per “far superare a mura e sbarre il suo grido di dolore”, come dichiarato dal suo avvocato Gianluca Vitale, un mese dopo la tragedia l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha redatto Il libro nero del Cpr di Torino puntando il dito proprio contro l’Ospedaletto.