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di Luca Casarini

L’Unità, 19 agosto 2023

Lo scontro tra posizioni leghiste è paradossalmente il nocciolo del tema migratorio. Il governatore e il sindaco di Treviso Conte opposti a Fedriga che dal Friuli Venezia Giulia propaganda il sistema dei campi detentivi. Vi è una sola cosa peggiore della propaganda in politica: la propaganda contraria. Questo modo di fare e di pensare la discussione pubblica, rende cieco e sterile ogni confronto. Verrebbe da dire che rende persino inutile la politica stessa, se di essa si conserva una visione nobile, e non di marketing elettorale. La questione migranti si offre come uno degli esempi di questa schermaglia tra propagande, di governo e di “opposizione”. Sull’aumento degli sbarchi per cominciare.

Il governo ha vinto in campagna elettorale attraverso l’uso massiccio di propaganda, nefanda e odiosa, promettendo i “blocchi navali”, i porti chiusi, e altre corbellerie. La doppia azione di marketing è consistita nel creare il nemico, i migranti, e con esso la teoria dell’invasione, fino a spingersi addirittura al pericolo di “sostituzione etnica”, e allo stesso tempo promettere una soluzione facile, sintetizzata nell’altra corbelleria della “difesa dei confini”. E’ stato un’esercizio facile, tutto sommato, perché la “paura dello straniero” è sempre, da secoli e millenni, una leva efficace per costruire un capro espiatorio che metta al riparo il sovrano dalle ire dei sudditi.

Convincere l’impoverito che la causa dei suoi guai è quello più povero di lui, è un’arte che chi difende sistemi sociali sempre più fondati su privilegi e diseguaglianze, deve conoscere per forza. Ma la propaganda ha da sempre una grande irriducibile nemica: la realtà. E dunque, succede che tutte le promesse si dissolvono come i miraggi quando cominci a guardare da vicino. E la “complessità del fenomeno migratorio” diventa il discorso della stessa Giorgia Meloni che prima aveva promesso soluzioni facili e radicalmente disumane. Gli sbarchi di persone migranti, che da soli o con le loro famiglie sono costrette a tentare la via del mare per chiedere asilo e trovare una speranza di vita in Europa, si moltiplicano invece che ridursi.

Siamo dall’inizio dell’anno a quota centomila, il doppio esatto dell’anno scorso secondo il cruscotto del Viminale aggiornato al 14 agosto. È un dato che rivela il carattere strutturale e non congiunturale del movimento di esseri umani che caratterizza il Mediterraneo. Nessuna emergenza, tutto ampiamente previsto e prevedibile, in ragione di ciò che accade nei paesi di transito, come il Niger e la Tunisia ad esempio, o nei paesi di origine, quelli dell’Africa subsahariana. Anche il numero in sé, centomila, che potrebbe significare centocinquantamila a fine anno, per un paese di sessanta milioni di abitanti e un continente di cinquecento milioni, è pari a percentuali gestibilissime.

In mezzo a tutti questi numeri ci sarebbe sempre da fare attenzione al fatto che si tratta di esseri umani, donne, uomini e bambini, meritevoli di ogni aiuto e soccorso, per alcuni a cominciare da Papa Francesco, fratelli e sorelle. Ma anche volendo restare alla pagana religione dei numeri, tutto conferma ciò che sappiamo. Nessuna invasione, nessuna emergenza, fenomeno da governare, da gestire con razionalità e serietà, fenomeno da rendere meno foriero possibile di morte e sofferenza. Ma qui entra in gioco invece la propaganda contraria: la realtà che si prende la rivincita sulle menzognette da campagna elettorale, viene accoltellata alle spalle da un’altra propaganda, quella dei detrattori del governo. “Avete visto? Gli sbarchi sono raddoppiati con la Meloni, è un’incapace”.

È incapace, il governo, perché non è riuscito a rinchiuderli tutti nei lager libici? Perché la nostra Guardia Costiera è al mondo, proprio al mondo, quella che salva più gente in mare? È incapace dunque questo governo, perché non è riuscito (grazie a Dio) ad attuare folli e ancor più disumani propositi? La propaganda dell’uno alla fine è sorella gemella della propaganda dell’altro. Il loro confronto, il loro battibecco, crea molto chiasso, tanto da assordare. Per questo non si riesce mai a vedere invece, quanto conti la relazione tra l’utopia, la speranza e la determinazione delle persone, dei soggetti in carne ed ossa, nell’imprimere una direzione non scontata alla storia umana. La propaganda contraria ha bisogno anch’essa, per enfatizzare le “sconfitte” del governo, di creare allarme.

L’invasione, Lampedusa al collasso, tutto che crolla, sono gli scenari nei quali finalmente si può dimostrare che sono degli incapaci. Perché, ed è bene ricordarlo, quando le parti erano invertite le uniche politiche sulla migrazione le hanno fatte Minniti e Gentiloni con il patto scellerato Italia Libia. Quell’imprinting è stato davvero superato da chi oggi siede all’opposizione promettendo un’alternativa? Eppure emergenze vere, da denunciare come incapacità allarmanti del governo ci sono. Il fatto che le persone migranti siano costrette ad affidarsi al mare e a viaggi gestiti da privati senza scrupoli è frutto dell’inazione consapevole del governo e dell’Unione Europea sul tema delle evacuazioni umanitarie e dei corridoi legali di ingresso per gli sfollati e transitanti. In Tunisia cosa si aspetta ad organizzarle? Che muoiano tutti in mare dopo la roulette russa dell’attraversata su barchette in ferro?

Stiamo parlando di un numero di persone migranti subsahariane da evacuare che oscilla tra i venti e quarantamila in un anno. In Libia, dove risiedono, vivono e lavorano 750 mila migranti, solo alcune decine di migliaia aspirano a venire in Europa. Sono coloro che rimangono imprigionati dai sistemi di cattura come quello che Minniti e Gentiloni in accordo con trafficanti e milizie, hanno messo in piedi nel 2017. Quel “ce li andiamo a prendere” balbettato da Piantedosi dopo l’ondata di critiche per la colpevolizzazione delle vittime di Cutro, quanto deve attendere? Continuiamo a registrare morti, naufragi, sofferenze, torture nei lager, o lo facciamo davvero di andarli a prendere, salvando quelle vite e demolendo il business che vi si è creato attorno? Ma la propaganda contraria è invece il sintomo che il coraggio per incalzare il governo su sfide vere, manca ai suoi detrattori.

Sarebbe troppo dire “andiamo a prenderli come hai detto tu, Piantedosi” perché alla fine “mica possiamo accogliere tutta l’Africa” è un luogo comune che vale per la destra e per la sinistra. Il marketing elettorale non è fatto di visioni alternative del mondo, ma di prodotti da vendere. Due al prezzo di uno. Il mio è il migliore. Intanto il Mediterraneo conta ogni giorno i suoi morti. Tantissimi bambini, quattrocento, da inizio anno. Ma uno straccio di parlamentare che vada in Libia sventolando il suo passaporto diplomatico, che chieda di entrare nei campi di concentramento, che dia voce a chi non ne ha anche a causa nostra e del nostro parlamento, mica si trova. È più facile dire che il governo è incapace perché gli sbarchi sono raddoppiati. Eppure altre emergenze vere ci sono.

Il sistema di accoglienza italiano, si può definire tale? Sempre per opera di quel “capitano” che abbandona per primo la nave e che ben conosciamo da quando era Ministro degli Interni del governo Conte, quel poco di buono che c’era è stato smantellato. Il suo fido aiutante era l’attuale Ministro degli Interni, Piantedosi. E quel tanto che l’esperienza di Riace e del sindaco Mimmo Lucano aveva prodotto, indicando una possibile via maestra, virtuosa, positiva, dove alla lamentela si era sostituita la capacità di fare e di organizzare la convivenza, ci aveva pensato il solito Minniti, poco prima, a criminalizzarla e darla in pasto a un giudice “di sinistra” perché la trasformasse in un reato e la sanzionasse con dieci anni di galera. Oggi l’accoglienza con cui noi affrontiamo la situazione del Mediterraneo, è semplicemente inadeguata e assente. E allora perché non concentrare gli sforzi dell’opposizione su questo? L’unico vero dibattito interessante sul tema è stato, paradossalmente, quello che si è generato in Veneto, e nello scontro tra posizioni leghiste.

Il governatore Zaia e il sindaco di Treviso Conte per l’accoglienza diffusa, opposti a Fedriga dal Friuli Venezia Giulia che è per il sistema di controllo concentrazionario dei campi detentivi. Accoglienza contro detenzione. Se solo riuscissimo a silenziare le propagande e il chiacchiericcio, scopriremmo che questo è un tema globale. Ad esempio osservando ciò che accade nel Regno Unito: la chiatta prigione “Bibby Stockholm” ancorata alla fonda al largo di Portland, serve a rinchiudere 506 richiedenti asilo uomini tra i 18 e i 56 anni, mentre attendono la valutazione della loro domanda. Ed è solo per il parere contrario della Corte di Cassazione che il progetto di deportazione in Rwanda dei profughi presenti in Uk, non si è ancora attuato. La Danimarca invece, l’accordo per deportare migranti in Rwanda l’ha già sottoscritto. Anche in Italia, dopo la strage di Cutro, il governo ha decretato l’allestimento di “Centri per il Rimpatrio” (Cpr).

E la stessa Unione Europea sta discutendo l’approvazione del nuovo patto sulle migrazioni e asilo, che tra le altre cose prevederebbe la possibilità di deportazioni dei migranti dal suolo europeo verso paesi terzi. Uno di quelli individuati era la Tunisia, e i viaggi di Meloni e Von Der Layen da Saied hanno provato a sondare il terreno: soldi, tanti milioni di euro, in cambio della disponibilità ad allestire campi di detenzione per deportati. Nel frattempo, in Italia, a Pozzallo viene istituito il primo Cpr “per espulsioni veloci” con 84 posti. Le persone potranno essere detenute per un mese in attesa di rimpatrio. Il governo, per bocca del Commissario straordinario Valente, ha dichiarato che lì saranno detenuti i richiedenti asilo che hanno meno probabilità di vedere accolta la loro richiesta.

Dunque, visto che le richieste d’asilo sono l’esercizio di un “diritto soggettivo perfetto”, ovvero un diritto che ognuno, al di là della provenienza, possiede, qual è il criterio che porterà in un carcere, senza aver commesso alcun reato, degli esseri umani? Il paese di provenienza. E la lista dei cosiddetti “paesi terzi sicuri” chi la decide? Il governo. Ecco dunque come un diritto umano, quello che Hannah Arendt definiva “il diritto ad avere diritti”, viene trasformato da soggettivo a discrezionale. Se sei della Costa d’Avorio, e chiedi asilo, vai diretto in galera. Queste carceri speciali in giro per l’Europa pensate apposta per chi chiede asilo, vengono propagandate come “luoghi di residenza temporanea”. Per i campi per deportati in Rwanda ad esempio, la descrizione è di luoghi dove “si può anche giocare a pallavolo”.

Ma il filo spinato che circonda la struttura, non è esattamente come la rete a metà campo. Possono giocare a pallavolo, ma non possono uscire. Anche sulla galera galleggiante inglese è così: possono mangiare, ma non uscire. Accoglienza o detenzione è la cifra del dibattito. Segna anche la misura del processo di restrizione del diritto d’asilo, e quindi di ogni diritto sancito dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. È un’emergenza democratica questa per l’opposizione o no? Oppure vincerà ancora la propaganda, perché il governo, che ha accordi di riammissione solo con Tunisia ed Egitto, riesce ad espellere pochi “clandestini”?