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di Francesco Pallante

Il Manifesto, 1 ottobre 2023

I provvedimenti con cui il tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di tre migranti tunisini presso il centro per i richiedenti asilo di Pozzallo sono una lezione di diritto costituzionale per il governo. A venire in evidenza sono soprattutto due profili: la gerarchia delle fonti del diritto e i rapporti tra diritto statale e diritto europeo.

Sembra incredibile doversi soffermare sul primo punto, per ribadire che la Costituzione prevale sulla legge, sugli atti aventi forza di legge, nonché, a maggior ragione, su tutti gli atti subordinati alle fonti legislative (i decreti governativi: siano essi adottati dall’intero governo, dal solo presidente del Consiglio o da uno o più ministri). Se il Governo - che è, oramai, il vero legislatore nel nostro ordinamento di fatto - approva norme contrarie alla Costituzione, allora la magistratura (a seconda dei casi: la Corte costituzione o i giudici) le annullerà.

Quanto al secondo punto, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 11 della Costituzione, la partecipazione dell’Italia all’Unione europea comporta che, nelle materie affidate alla competenza di quest’ultima, se vi è compresenza di diritto europeo e di diritto italiano, a trovare applicazione sarà il primo, con contestuale disapplicazione del secondo (salvo nell’ipotesi, sinora mai verificatasi, in cui il diritto europeo dovesse porsi in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione).

In caso di compresenza, non è nemmeno necessario procedere all’annullamento delle norme dell’ordinamento italiano: semplicemente, qualsiasi operatore giuridico - dai giudici alla pubblica amministrazione - applicherà direttamente il diritto europeo e non quello italiano.

Dalla combinazione dei due profili deriva che una norma dell’ordinamento italiano che sia in contrasto con il diritto europeo o con la Costituzione o con entrambi non ha alcuna possibilità di trovare applicazione. È quanto già accaduto con i provvedimenti che miravano a impedire alle navi delle Ong di salvare i naufraghi, contro il disposto di una consuetudine internazionale millenaria avente rango costituzionale in forza dell’articolo 10, comma 1 della Costituzione. Ed è esattamente quanto accaduto nel caso deciso dal tribunale di Catania, la cui decisione ha posto nel nulla il decreto interministeriale del 14 settembre 2023 che dispone il trattenimento dei richiedenti asilo privi di passaporto che non prestino la garanzia finanziaria ivi prevista (gli oramai famosi 4.938 euro).

Nel merito, a rendere vana l’iniziativa del governo è l’operare: (a) della disposizione costituzionale sul diritto di asilo (art. 10, comma 3), interpretata dalla Corte di Cassazione nel senso che anche i migranti provenienti da paesi considerati sicuri (come la Tunisia) possono comunque entrare nel territorio italiano per richiedere la protezione internazionale; e (b) della direttiva 2013/33/UE, interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel senso che il trattenimento dei richiedenti la protezione internazionale può essere disposto solo nel caso ne siano adeguatamente motivate la necessità e la proporzionalità (mentre, nel caso di specie, il provvedimento di trattenimento non motiva la mancata adozione di misure meno coercitive).

Insomma: secondo la Costituzione e il diritto europeo, chi richiede la protezione internazionale ha diritto a entrare in Italia e, salvo motivate esigenze contrarie, a non essere trattenuto nell’attesa di ricevere risposta. Al governo tutto ciò non piace? Se ne faccia una ragione. In un ordinamento costituzionale, nessun potere può tutto quel che vuole: nemmeno il popolo, la cui sovranità, lungi dall’essere illimitata, è sempre vincolata a esprimersi “nelle forme e nei limiti della Costituzione”.