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di Federica Iezzi

Il Manifesto, 20 settembre 2023

Nel 2023 sono già più di 130mila i migranti arrivati in Italia via mare e oltre duemila quelli deceduti nel tentativo di raggiungere l’Europa. Nel 2023 sono già più di 130mila i migranti arrivati in Italia via mare e oltre duemila quelli deceduti nel tentativo di raggiungere l’Europa. Di questi, secondo i dati diffusi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), almeno 73mila partono dagli hub tunisini e 33mila da quelli libici.

È inoltre fortemente sottostimato il numero di migranti intercettati dalle autorità libiche e rinchiusi senza speranza nei centri di detenzione. Più di 9.800 persone arbitrariamente trattenute, finché non pagheranno funzionari corrotti per essere liberate. “I trafficanti che gestiscono le barche sono più o meno gli stessi miliziani che controllano i centri di detenzione. Non c’è differenza tra polizia, soldati e trafficanti” ci racconta Abrielle, nata in Repubblica Centrafricana.

A Lampedusa migliaia di migranti occupano spazi pensati per poche centinaia di persone nel centro di accoglienza traboccante dell’isola. “Vado. E se muoio, muoio. Se arrivo, arrivo”. In tanti ci ripetono queste parole, quasi come una preghiera. Ogni sbarco apre un nuovo dibattito mediatico che ricade in un quadro distorto. I migranti privi di documenti scivolano ancora su una rete statistica ambigua che alimenta il gioco di colpe politiche.

Il controverso accordo che l’Unione Europea ha siglato con la Tunisia appare come un’estensione di fatto di una rete di traffico di esseri umani attentamente costruita. Perché il problema della migrazione non può essere risolto adottando un criterio puramente securitario, finché esistono le ragioni strettamente oggettive legate alla migrazione. E invece continua a vincere la visione manichea della sicurezza delle frontiere: più pattuglie, sorveglianza più intensa, muri più alti. Eppure gli esempi del passato indicano tutti come la militarizzazione delle frontiere non ha affatto ridotto la migrazione ma l’ha invece resa più pericolosa.

Le recinzioni, i droni, i sensori e le telecamere ci renderanno davvero più sicuri? Uomini che incanalano persone disperate attraverso rotte sempre più letali, nella fattispecie in pescherecci stracolmi che sembrano barattoli di vetro, sono la soluzione? Per loro sicuramente si. La tratta di esseri umani fornisce ai funzionari statali un reddito aggiuntivo, inoltre funge da valvola di sicurezza politica. Senza di essa, il sistema dei servizi nazionali crollerebbe, a causa dell’enorme numero di persone che sono intrappolate al proprio interno e che il sistema stesso non può assorbire. Nella diaspora i regimi fratturati ricatturano i migranti economicamente e politicamente.

Le condizioni sopportate dai sopravvissuti, di fatto detenuti nei centri di accoglienza, sono incompatibili con i diritti umani e al tempo stesso cristallizzate in una logica politica autoritaria. Le condizioni di repressione sono radicate in un immaginario istituzionale funzionale. Sofferenze e perdite che non hanno fatto altro che accumularsi e peggiorarsi nel tempo. L’abuso di potere all’interno dei campi deve essere integrato da un’analisi dell’incapacità di accoglienza degli Stati nell’Unione Europea, tale da produrre una politica di immigrazione coerente e collettiva. Il Mar Mediterraneo è diventato un confine che separa il nord del mondo dal sud, unendo i sistemi politici di entrambe le zone in modi che producono risultati disfunzionali e infruttuosi, nel tentativo di arrestare l’emorragia di esseri umani.