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di Adriana Pollice

Il Manifesto, 5 agosto 2023

Il report di Medici senza frontiere racconta i diritti calpestati di chi cerca di andare in Francia: 13.395 i migranti che nel 2023 sono stati respinti, più 30% rispetto al 2022. “I miei genitori sono morti. Mia zia ha detto che era arrivato il momento di sposarmi. Avevo 15 anni. Non conoscevo l’uomo che avrei sposato. L’uomo che è diventato mio marito ha iniziato a picchiarmi, ogni giorno. Sono finita in ospedale molte volte. Non avevo nessuno che mi proteggesse. Sono passati quattro anni e ne porto ancora le cicatrici. Ho deciso di andarmene”: è il racconto di una donna dalla Guinea raccolto dal team di Medici senza frontiere a Ventimiglia. Dallo scorso ottobre a giugno, attraverso la clinica mobile sul confine con la Francia, hanno fornito cure mediche o orientamento ai servizi a 320 pazienti, attività di promozione della salute e sessioni socio-sanitarie a 684 persone. Il gruppo più numeroso tra i 16 e i 20 anni, molti i minori non accompagnati. Costa d’Avorio e Guinea i paesi più rappresentati.

Soffrono soprattutto di malattie dermatologiche e poi patologie respiratorie, disturbi gastrointestinali, problemi muscoloscheletrici o lesioni. Dodici persone hanno subito violenza intenzionale, tra cui anche violenza sessuale o di genere, ma sono solo i casi emersi: “Non è facile affrontare questi aspetti per la breve durata della permanenza nell’area dove operiamo e la difficoltà di stabilire relazioni di fiducia con pazienti transitanti” si legge nel report di Msf Vietato pasare. La sfida delle persone in transito respinte e bloccate alla frontiera franco-italiana.

Quasi la metà dei pazienti ha impiegato più di un anno per raggiungere l’Italia, alcuni anche più di cinque. “Sono partita a 16 anni, da sola. I trafficanti mi hanno tenuto per due settimane in un edificio semi abbandonato nel deserto tra il Mali e l’Algeria. Volevano che pagassi altri soldi, ma non avevo nessuno da chiamare. Mi hanno minacciata, picchiata, non mi hanno dato da mangiare”, la testimonianza di una donna della Guinea.

Secondo la prefettura di Nizza, dal primo gennaio al 15 giugno 2023, 13.395 persone sono state soggette a respingimenti o trattenimenti al confine con un aumento del 30% rispetto al 2022, una media di circa 80 persone al giorno. “Ventimiglia - si legge nel report - si è trasformata in un luogo dove le persone in transito restano bloccate per giorni, settimane e mesi. E questo vale anche per le donne in gravidanza o che stanno allattando, per gli anziani o chi è gravemente malato e per i minori non accompagnati”.

Durante i respingimenti sistematici sono stati raccontati atti di violenza, abusi, trattamenti degradanti: “Molti pazienti hanno riferito di violazioni procedurali durante la notifica del refus d’entrée: casi di trascrizioni imprecise di dati personali, informazioni insufficienti sui documenti da firmare, assenza di mediatori culturali, casi in cui le autorità hanno firmato documenti per conto di persone a cui è stato negato l’ingresso in Francia o hanno impedito alle persone di esercitare il loro diritto di chiedere asilo. Le autorità italiane, d’altra parte, spesso non segnalano le irregolarità oltre a essere a loro volta sprovvisti di mediatori”.

Persino chi è stato fermato oltre i 10 chilometri è stato mandato indietro, in violazione delle norme. Almeno quattro i casi di separazione familiare avvenuti durante i respingimenti e ancora detenzioni arbitrarie e maltrattamenti, a volte con chiare connotazioni razziali, da parte delle autorità francesi. “Siamo stati fermati a Nizza dalla polizia. Mia moglie è incinta. È stata portata in ospedale perché è svenuta mentre la ammanettavano. Io e mio figlio di due anni siamo stati condotti alla stazione di polizia di Mentone. Abbiamo passato la notte al freddo e quindi portati in Italia, non abbiamo notizie di mia moglie. Mio figlio piange, vuole la mamma e io non posso contattarla perché non ha il telefono” ha raccontato una famiglia dalla Costa d’Avorio.

NEL 2017 le autorità francesi hanno allestito una serie di container vicino alla Polizia di frontiera nella zona di Ponte San Luigi. “Le persone intercettate vengono trattenute nei container fino al mattino successivo, quando riprendono le procedure di respingimento. Il trattenimento può durare fino a 15 ore, le porte sono bloccate, nessuna valutazione delle vulnerabilità, nessuna separazione tra uomini, donne e bambini. Servizi igienici inadeguati e casi di rifiuto di cure mediche. Le persone nei container sono costrette a dormire sul pavimento di metallo”. Racconta un uomo del Mali: “Sono stato fermato sul treno a Mentone. Ero con un altro ragazzo, ci hanno fatto scendere, mi hanno ammanettato senza motivo. Quando ho chiesto spiegazioni il poliziotto mi ha spinto e mi sono fatto male alla caviglia. Quando ho insistito mi ha colpito in faccia. Ho passato la notte in un container con altre persone, tra cui donne e bambini, senza cibo né acqua fino al giorno successivo. Il poliziotto ha firmato al mio posto il refus d’entrée”.