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di Pierpaolo Lio

Corriere della Sera, 21 aprile 2024

“Ha cambiato il canale in tv”. Un’aggressione mortale nel chiuso della cella. Per un motivo assurdo. E con una vittima che, a Milano, non è un nome qualunque. A perdere la vita venerdì, nel carcere di Opera, è Antonio Magrini, 68 anni, detto “Toni Cavallero”, fratello di quel Vito a lungo re criminale dell’Ippodromo di San Siro. È stato aggredito e strangolato dal compagno di cella, Domenico Massari. Il primo, dentro per questioni di droga. Il secondo, 58 anni, per omicidio: nel 2019 aveva ucciso con cinque colpi di pistola Deborah Ballesio, l’ex moglie, in uno stabilimento balneare di Savona durante una serata karaoke. “Ti ricordi di me?”, le aveva detto prima di far fuoco. S’era consegnato nel carcere di Sanremo un paio di giorni dopo.

La vittima si era invece presentata alle autorità a ottobre 2023, dopo che la sua ultima condanna per traffico di stupefacenti era diventata definitiva. I rapporti con la giustizia di “Toni Cavallero”, nato a Bari, erano però di lunga data. E di tipo familiare. Il “clan Magrini” - con ottimi rapporti con i trafficanti di cocaina serbi dai quali acquistavano grosse partite da spedire in Puglia, al clan Parisi - è stato protagonista in passato di una faida con agguati e ferimenti con il clan rivale dei Panaiia per il controllo dello spaccio a Baggio e San Siro. Oltre ai guai per droga, nel 1998 Antonio fu coinvolto nelle indagini per l’omicidio a colpi di stampella di un venditore ambulante di frutta e verdura, pare perché avesse posizionato il suo chiosco dove non doveva.

Da quattro mesi, Massari e Magrini condividevano la stessa manciata di metri quadrati all’interno della sezione “stato di trattamento avanzato” di Opera. Dalle 20.30, quando si chiudono le celle, e fino al mattino. Giorno dopo giorno. Una convivenza forzata che avrebbe scatenato la rabbia di Massari, anche se non risulterebbero né precedenti interventi per liti o diverbi, né la presentazione di domande di incompatibilità. L’altra notte, alle 22.30, sembra proprio per questioni legate alla vita a stretto contatto - così ha riferito l’assassino, ma saranno le indagini della polizia penitenziaria ad accertarlo - Massari, che passava gran parte della giornata nelle cucine, dove prestava servizio, si è scagliato contro Magrini. L’avrebbe colpito alla testa con un oggetto, forse il palo di una scopa, per poi strangolarlo con la cintura dell’accappatoio. Inutili i soccorsi. Sul posto è intervenuta la polizia scientifica e il medico legale.

“Il motivo scatenante sarebbe una discussione per motivi banali tra due detenuti riguardante la condivisione degli spazi detentivi”, spiega Calogero Lo Presti, coordinatore lombardo per la Fp Cgil polizia penitenziaria, che ricorda “i gravi problemi che affliggono il sistema penitenziario”. “Il sovraffollamento - elenca - unito alla carenza di personale di polizia penitenziaria, personale medico, educatori e assistenti sociali”. Condizioni che “hanno determinato un ambiente estremamente difficile e pericoloso per i detenuti e per il personale che vi lavora”.