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di Simone Giancristofaro

fanpage.it, 5 gennaio 2023

Dentro i centri per il rimpatrio dei migranti le condizioni di vita sono pessime e alle persone in attesa di partire non è garantito alcun diritto. A dicembre vi avevamo raccontato della protesta di un uomo tunisino, trattenuto nel Cpr di Milano (Centri di permanenza per i rimpatri), che si era cucito la bocca con un filo di ferro e che gli era stato rimosso dagli agenti di polizia senza l’intervento di un medico (qui la sua testimonianza con il video dell’aggressione).

A Milano c’è un movimento di attivisti e associazioni, riuniti sotto la sigla di “Mai più lager- No ai CPR” che si batte per la chiusura di questi luoghi, dove vengono trattenuti i cittadini stranieri che devono essere rimpatriati. Chi sta nei CPR è praticamente in carcere ma ci si trova per questioni amministrative.

Giovanni Motta è un avvocato e un attivista di “Mai più lager - No ai CPR”. Quello di Milano si trova in via Corelli ed è in funzione dall’autunno del 2020. Per l’avvocato Motta “si tratta di razzismo istituzionale, ogni diritto viene calpestato ed è inesistente, dal diritto alla salute alla comunicazione”.

“Chiunque è stato qui - continua Motta - ne parla come il periodo peggiore della sua vita, ti prendono di notte per portarti via” e metterti su un volo destinato al Paese di origine dello straniero, come è accaduto all’uomo che si era cucito la bocca, rimpatriato in Tunisia.

Nei CPR ci sono solo stranieri, trattenuti in condizioni spesso anche peggiori del carcere, con l’aggravante però che si tratta di una detenzione amministrativa, ovvero un ossimoro. “Le condizioni igieniche sono terrificanti, abbiamo foto dei piccioni che mangiano dove dovrebbero mangiare i trattenuti, non c’è personale medico e paramedico, non si può chiamare liberamente”.

I trattenuti, ci racconta l’avvocato Motta, dormono su materassi di gommapiuma, spesso hanno condizioni tali per cui non si potrebbe nemmeno stare in un posto come un CPR, per problemi fisici o mentali. “Qui non c’è gente che ha compiuto un reato, ci si trova in una struttura che è più severa del carcere, vogliamo che i diritti di chi finisce nei CPR siano tutelati con quelli di ogni altro cittadino”.