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di Giansandro Merli

Il Manifesto, 20 gennaio 2024

In una mail scrive: “Non disponiamo di unità operative”. La struttura di trattenimento è stata commissariata per le gravi e continue violazioni dei diritti dei trattenuti. I cittadini migranti trattenuti nel Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di via Corelli, nel capoluogo lombardo, non possono contare sulla figura del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale nominata dal Comune di Milano. Lo ha comunicato lo stesso Francesco Maisto in una mail di risposta alla rete Mai più lager-No ai Cpr. Gli attivisti chiedevano un intervento a favore di una persona reclusa che a causa di un problema al ginocchio ha grosse difficoltà a utilizzare un servizio basilare come quello dei bagni. Nella struttura, infatti, sono solo alla turca.

Già in passato il garante aveva fatto sapere di non riuscire a seguire quello che accade all’interno del centro, stavolta però è arrivata una comunicazione formale. Particolarmente rilevante visto il momento: nelle ultime settimane le gravi e continue violazioni dei diritti delle persone trattenute sono state certificate da un’inchiesta della procura meneghina. Le accuse contro l’ente gestore, la Martinina Srl, sono risultate così pesanti da portare al sequestro e al commissariamento di via Corelli. Il Gip, infatti, ha confermato i risultati delle indagini dei pm che parlano di condizioni di vita disumane, utilizzo distorto dei fondi e carenza o assenza di servizi basilari (dall’assistenza sanitaria alla qualità del cibo).

“Non disponiamo di unità operative da dedicare al Cpr”, si legge nella mail inviata da Maisto. Il Garante, interpellato dal manifesto, sottolinea come non si tratti di una scelta ma di una condizione oggettiva. “Mi meraviglio del fatto che questa richiesta venga rivolta soltanto al Garante comunale”, afferma.

In realtà la richiesta era rivolta anche all’ufficio nazionale. “Da quando ha aperto il Cpr abbiamo l’abitudine di segnalare i casi più critici, in termini di maltrattamenti o problemi sanitari, al garante nazionale. Siccome esiste anche quello di nomina comunale informiamo anche lui affinché ci sia la maggiore consapevolezza possibile su ciò che accade all’interno e che denunciamo da tempo”, afferma Teresa Florio, della rete Mai più Cpr. Nei tre anni e mezzo trascorsi dalla riapertura del centro di detenzione amministrativa, a settembre 2020, sono state centinaia le segnalazioni degli attivisti che, tra le altre cose, hanno contribuito all’inchiesta della procura.

“Il garante milanese ci ha sempre detto che non può occuparsi anche di via Corelli perché sta dietro alle carceri. Non abbiamo motivo di credere che non sia così ma con il senno di poi, vedendo tutto ciò che è emerso, risulta evidente l’inerzia delle autorità comunali”, continua Florio.

Il 4 dicembre scorso, due giorni dopo le perquisizioni disposte dai pm, il consiglio comunale meneghino ha approvato un ordine del giorno del Pd per la chiusura del centro. Dopo l’esplosione del caso il sindaco di centrosinistra Beppe Sala ha dichiarato di aver chiesto a questore e prefetto di occuparsi della malagestione della struttura. Da allora è passato oltre un mese. Almeno sul fronte del garante da lui nominato le cose non sono cambiate.

Chi ha visitato la struttura prima del commissariamento racconta di una lista appesa al muro con i nomi di tutti i Cpr presenti sul territorio nazionale. Accanto a ognuno di loro era presente la casella con il riferimento del relativo garante comunale cui rivolgersi. Quella vicino a via Corelli era vuota e, nonostante i recenti sviluppi, lo rimarrà ancora.