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di Giovanni M. Jacobazzi

Il Dubbio, 5 ottobre 2023

È stato presentato martedì scorso a Milano il protocollo per l’attuazione degli istituti, introdotti dalla Riforma Cartabia, relativi alla giustizia riparativa. All’iniziativa hanno partecipato i suoi autori: i vertici degli uffici giudiziari milanesi (Giuseppe Ondei, presidente della Corte d’appello, Francesca Nanni, procuratrice generale, Fabio Roia, presidente facente funzioni del tribunale, Giovanna Di Rosa, presidente del tribunale di sorveglianza) e i rappresentanti della locale avvocatura (Nino La Lumia, presidente dell’Ordine degli avvocati, Valentina Alberta, presidente della Camera penale, Enrico Giarda, coordinatore della Commissione giustizia penale del Coa).

La giustizia riparativa è in vigore dallo scorso 30 giugno ed il protocollo lombardo è di fatto uno dei primi in Italia. L’obiettivo dell’istituto voluto dalla ex ministra della Giustizia del governo Draghi è essenzialmente il raggiungimento di un accordo finalizzato alla riparazione dell’offesa e che sia idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco fra vittima e reo, con la conseguente ricostruzione della relazione fra di loro. L’esito riparativo potrà essere sia simbolico (come ad esempio delle scuse formali) o materiale (come ad esempio un risarcimento del danno). Il programma “riparativo” è curato dal Centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale istituito presso i comuni.

Alla giustizia riparativa è possibile accedere per tutte le fattispecie di reato, a prescindere dalla gravità, in ogni stato e grado del procedimento penale. In particolare, il giudice - d’ufficio, su richiesta dell’imputato o della vittima - potrà disporre, sentite le parti e i difensori, l’invio dell’imputato e della vittima presso il Centro di riferimento, al fine avviare questo programma riparativo. Ciò sarà però possibile qualora il giudice ritenga che il suo svolgimento possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato per cui si procede e non comporti invece un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti.

Una volta terminato il programma, il giudice acquisirà la relazione trasmessa dal mediatore, contenente la descrizione delle attività svolte nonché l’esito riparativo. Tutte queste procedure sono state, dunque, codificate nel protocollo milanese, prevedendo uno schema operativo su più fasi: da quella di cognizione, che prevede la piena accessibilità e informazione, con la creazione anche di una modulistica ad hoc, a quella relativa all’attività di sorveglianza del programma. “Le riforme dalla penna del legislatore si devono trasferire sul foglio della realtà”, ha commentato La Lumia. “Questo è possibile - ha aggiunto - se l’intero sistema giustizia è capace, pur nelle differenti prospettive, di creare un terreno comune in cui agire. Questo l’obiettivo del protocollo, ma in generale è questo lo spirito che anima la sinergia tra avvocatura e magistratura all’interno della giurisdizione”.

Da parte di tutti i soggetti interessati è stato segnalato il carattere estremamente innovativo del nuovo istituto che permetterà così di realizzare pienamente il dettato costituzionale della funzione rieducativa della pena. Il gruppo di lavoro continuerà il suo lavoro attraverso incontri semestrali che avranno l’obiettivo di valutare il percorso svolto e individuarne i passi evolutivi, anche al fine di integrare e correggere il lavoro svolto. Un ruolo centrale lo avranno i mediatori, dalla cui impegno dipenderà inevitabilmente la riuscita o meno del programma riparativo.