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di Zita Dazzi

 

La Repubblica, 3 gennaio 2015

 

Nel negozio di piazza Bettini lavoreranno a turno i detenuti del carcere. Fino a oggi il laboratorio sfornava prodotti che si consumavano in istituto. Il promotore del progetto: "Così i giovani si rimettono in gioco".

Ripartire dalle cose semplici, dalla fatica fisica, dall'emozione di fare una cosa buona con le proprie mani e vedere che questa cosa diventa anche un lavoro. Onesto. È questa la sfida che stanno affrontando i ragazzi del carcere minorile Beccaria che da gennaio produrranno pane fresco e lo venderanno in un negozio vero, esterno alla struttura dove scontano la loro pena, un panificio che aprirà in piazza Bettini 5, in zona Bisceglie, a pochi passi dall'istituto penale di via Calchi Taeggi.

In due alla volta, la mattina usciranno dalla cella per mettersi addosso un grembiule da panificatori ed andare al forno. Poi si metteranno dietro al bancone a servire i clienti. Una bella prova di concretezza ed umiltà, per cominciare a vivere su basi diverse, sfruttando le cose imparate dentro al Beccaria, dove da anni si tiene un laboratorio di panetteria. È il progetto "Buoni dentro" voluto dalla direttrice del carcere Olimpia Monda e da Claudio Nizzetto, della fondazione Eris. Un intervento di formazione partito grazie al supporto di Enaip (l'ente di formazione professionale delle Acli) e dell'Associazione Panificatori di Milano.

La novità è che da gennaio, i pani, le pizze e i dolci non verranno più solo consumati direttamente dentro al carcere, ma anche venduti al pubblico sia presso la cooperativa Coafra della Cascina Nibai di Cernusco sul Naviglio, sia nel nuovo negozio di piazza Bettini. L'intervento è stato lodato anche dal presidente del Tribunale dei minori Mario Zevola che ha parlato di "concrete possibilità di integrazione e opportunità per sviluppare le capacità personali" come "occasioni di recupero reale dei giovani detenuti".

Nel negozio saranno impiegati due ragazzi per turno, mentre il laboratorio interno al Beccaria ne forma altri due, per un periodo di circa sei mesi, cercando a rotazione di coinvolgere il maggiore numero di ospiti alla volta. "Il lavoro artigianale, presso un maestro di bottega, diventa un motivo di cambiamento, in un contesto di vita vera. I ragazzi si mettono in gioco in un ambiente pulito dove si dà loro fiducia, ruolo, obiettivi - spiega Nizzetto.

Il solo percorso formativo tradizionale non riesce ad accendere la curiosità e la voglia di rimettersi in gioco. Il lavoro è la chiave della rinascita". Ed è chiaro che la sfida è mettere i giovani che facevano le spaccate alle vetrine a maneggiare soldi e scontrini, in un'ottica nuova. Per chi è finito dentro per furto o spaccio "ricevere gli incarichi dal "mastro di bottega", gestire gli ordini dei clienti e la cassa in modo onesto, è un'esperienza di vita vera, la prova che si può vivere in un altro modo", aggiunge don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria.

Il progetto punta sulla fiducia e sulla relazione, sull'apprendimento pratico. Nizzetto parla dell'"autostima" che dopo la fase della "trasgressione e dell'illegalità dimostra a chi è finito in cella che si può essere anche altro: dalla rilettura del proprio passato c'è un'ipotesi di futuro costruita nel presente con relazione con un "maestro". L'esperimento coinvolgerà sia ragazzi del Beccaria, sia giovani

adulti, reclusi a San Vittore perché hanno compiuto altri reati o superato la maggiore età, ma devono ancora finire di scontare la pena. Fra questi anche John, che ha frequentato il laboratorio: "Molti di noi sono i recidivi, ma un cambiamento è possibile quando ti accorgi di essere ancora valorizzato. Se si ricreano relazioni di fiducia e la speranza di qualcosa di bello per il futuro, diventa una nuova opportunità. E non ce la lasciamo scappare".