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di Andrea Siravo

La Stampa, 8 febbraio 2024

Elisabetta Condò, 51 anni, a maggio fu aggredita da uno studente 16enne ad Abbiategrasso: “Non dimentico, ma non porto nemmeno rancore”. “Smaltita la tensione accumulata, incrociando il suo sguardo mi sono sentita di esprimere un gesto di incoraggiamento per il prosieguo della sua vita protendendomi verso di lui con una stretta sulle spalle”. La professoressa Elisabetta Condò racconta così l’abbraccio in cortile avuto con lo studente sedicenne che lo scorso 29 maggio l’aveva aggredita con un coltello in classe all’Istituto superiore Alessandrini di Abbiategrasso, in provincia di Milano. La prima volta che alunno e docente si sono ritrovati uno di fronte l’altra. Non in classe, ma al Tribunale dei minorenni per la prima udienza del 16 gennaio del processo in cui il ragazzo è accusato di tentato omicidio aggravato.

In aula il sedicenne, che dopo sette mesi di carcere minorile è passato alla permanenza in casa, l’equivalente degli arresti domiciliari per gli adulti, anche sollecitato dal giudice non è riuscito a scusarsi. Un pentimento che la sua ex professoressa neanche pretendeva. “Come avevo già detto a giugno - spiega Condò, citando l’intervista a La Stampa - penso che sia giusto, dopo un doveroso ravvedimento, dare a un ragazzo la possibilità di ricostruire un proprio equilibrio personale e relazionale e mi sono sentita di rassicurarlo, facendogli sentire che non nutro rancore per l’accaduto, pur non dimenticandone la gravità”.

Il processo riprenderà ad aprile. In quell’occasione il tribunale dovrà valutare se concedere la “messa alla prova”, ossia la possibilità che il minorenne, che già è entrato in un percorso di rieducazione, segua un progetto educativo predisposto dai servizi sociali. “Ho piena fiducia nelle istituzioni deputate a valutare il percorso psico-educativo che il ragazzo sta affrontando e le misure opportune per un reinserimento sociale che tuteli sia lui che la comunità”, sottolinea la cinquantunenne.

Otto mesi dopo quel brutale attacco alle spalle nell’aula la professoressa Condò ha ancora strascichi fisici e porta ancora i segni delle coltellate. Soprattutto per quella che l’aveva colpita su tutto il braccio nel tentativo di coprirsi la testa. “Le mie condizioni di salute sono migliorate, la riabilitazione con l’equipe del dottor Giorgio Pajardi ha dato ottimi risultati, benché la mano sia rimasta in parte danneggiata e il percorso fisioterapico non sia ancora del tutto concluso”. Fin da subito la speranza era quella di riuscire a tornare dietro la cattedra il prima possibile. Non è stato possibile farlo per la prima campanella dell’anno scolastico.

Il dodici settembre scorso la cinquantunenne ancora in fase di ripresa l’ha trascorsa al Castello Sforzesco ad ammirare la Pietà Rondanini: “Di solito tempo di ripartenza per tutti e quattro nella nostra famiglia. Quest’anno per me, invece, ancora tempo di cura”, aveva scritto quel giorno sui social. Il mese dopo invece il rientro ufficiale. “Sono rientrata a scuola a ottobre e ritornare tra i ragazzi e le ragazze, a svolgere il lavoro che amo e in cui credo, mi ha senz’altro aiutata a reagire all’accaduto e ad affrontare le difficoltà che, comunque, si sono presentate”, dice. Inevitabile associare la sua vicenda con i recenti casi di aggressioni a docenti da parte di studenti o familiari di studenti.

In particolare l’ultimo, quello dell’accoltellamento di uno studente diciassettenne a una docente di 57 anni all’Enaip di Varese, quasi sovrapponibile per modalità e motivi a quanto successo a Condò. “Preferisco non esprimermi con esternazioni che porterebbero a inopportune generalizzazioni: siamo in presenza di nodi sociali di grande complessità, che vanno affrontati con competenza e delicatezza, in tempi più distesi e sedi più opportune - ha osservato la professoressa -. Ai colleghi e alle colleghe che hanno subito analoghi episodi di violenza esprimo tutta la mia vicinanza e solidarietà”.