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Il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2024

Si sono spogliati seminudi e, nonostante la pioggia battente e il freddo invernale, si sono sdraiati sull’asfalto in segno di protesta, tra le urla e degli altri e senza nessun intervento di aiuto da parte del personale. Così alcuni migranti trattenuti nel Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli a Milano hanno deciso di protestare contro le pessime condizioni di detenzione (la struttura è stata commissariata lo scorso dicembre a seguito di un’inchiesta della Procura di Milano proprio sulla gestione disumana). È accaduto nella notte tra il 10 e l’11 febbraio e le immagini sono state diffuse dal gruppo No Cpr che denuncia “bagni in condizioni igieniche indegne”, poco cibo e di pessima qualità, e scarse cure mediche. “La gente continua a cercare di fratturarsi gli arti per cercare di essere liberati” scrivono.

Lo stesso gruppo ha pubblicato poi altre immagini che mostrano l’intervento dei militari della Guardia di Finanza che manganellano un gruppo di uomini. “Tutto sarebbe nato - scrivono gli attivisti - perché improvvisamente gli agenti di guardia hanno deciso di chiudere la finestrella che si apre sulla porta blindata di accesso al settore: è l’unico punto di comunicazione con l’esterno”. Per chi è rinchiuso, spiegano, è il passaggio fondamentale da dove vengono passati acqua, cibo, medicine e accendini. “Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma con la chiusura di quell’unico collegamento con l’esterno è come essere ancora più in gabbia che nella gabbia, ancora più abbandonati e reietti. Il battibecco insorto è sfociato in una incursione di un gruppo della guardia di Finanza che hanno iniziato a manganellare con violenza chi fosse a tiro”.

Due feriti, tra i quali un 18enne, “sono stati portati in infermeria: uno con una gamba visibilmente rotta e l’altro, il più giovane, quasi esanime, a braccia. Sono scene davvero terribili che dovrebbero far vergognare chi è responsabile di ciò, a ogni livello, se una coscienza ce l’ha, e chi si ostina a non vedere”. Questo, concludono, “dimostra che un lager, anche commissariato, resta sempre un lager e non è emendabile anche con le migliori intenzioni e professionalità. Il Cpr di via Corelli va chiuso immediatamente, e così tutti gli altri”.