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di Elisabetta Andreis

Corriere della Sera, 20 novembre 2023

La storia dell’ex carcerato raccontata dall’attore Mauro Pescio, accompagnato dal coro della Nave. Al centro della Casa circondariale di San Vittore, davanti a un folto pubblico, ecco lo spettacolo. Un attore declama la storia e dietro di lui interviene un coro “greco” davvero tutto speciale: canta, e insieme sottolinea su una base musicale alcuni passaggi del racconto.

Stiamo parlando del coro della Nave formato da ragazzi detenuti e volontari, al suo primo esperimento di questo tipo. La commozione è tanta e le orecchie sono tutte lì, ad ascoltare la storia eccezionale di Lorenzo S., della periferia del Giambellino, che la prima volta entrò in carcere a dieci giorni dalla nascita: in braccio alla mamma, andava a trovare il padre in cella.

Da bambino, Lorenzo credeva a quel che gli raccontavano: ufficialmente il padre faceva “l’elettricista” a San Vittore. Ma quella storia non poteva ovviamente durare: a 8 anni scoprì la verità, e si sentì tradito. Poi il padre uscì di galera e lo portò con sé in Sicilia, a Catania.

“Ogni storia nasce da un incontro” declama l’autore-attore Mauro Pescio a San Vittore. Nel caso di Lorenzo, fu un fratellastro in Sicilia, 12 anni come lui, che lo iniziò alla vita criminale. “Ci serviva un’auto per scappare, rubammo un go-kart”: e fu la prima volta. A 14 anni, alcuni giovani catanesi gli propongono di salire a Milano per un colpo: “Ti diamo un milione se fai l’apertura” (che in gergo è il momento in cui un incensurato a volto scoperto grida “Questa è una rapina!”).

Assaltarono un’agenzia dell’allora Cariplo al Lorenteggio. Lorenzo venne rinchiuso all’Ipm Beccaria e il resto è cronaca: un numero imprecisato di rapine in banca per comprarsi “champagne, Ferrari e serate al night”, 5 arresti, detenzioni nei penitenziari di tutt’Italia, 26 processi e altrettante condanne per un totale di 57 anni di reclusione, poi ridotti a 30 anni (in Italia è la pena massima se non scatta l’ergastolo ostativo).

La svolta è al carcere Due Palazzi di Padova dove viene trasferito nel 2012, con gli incontri nella redazione di Ristretti Orizzonti formata da detenuti e educatori, dove Lorenzo matura le prime riflessioni critiche sul proprio passato. Ma l’incontro è anche quello con un avvocato e una stagista che si fidano del “nuovo Lorenzo” e si convincono che vale la pena fare istanza per ridurre la condanna ascrivendo le sue colpe a un unico reato (la rapina).

A sorpresa il giudice accoglie l’istanza, decreta che la pena equa è di 13 anni, e lui ne ha già scontati 17, quattro in più; è un giorno incredibile. All’improvviso gli dicono che l’indomani può uscire. E lui pensa: “Sì, ma adesso io dove vado?”.

Recita Pescio interpretando Lorenzo, insieme al coro della Nave di San Vittore: “Ho messo nei sacconi neri dell’immondizia le mie cose, ho salutato oltre le sbarre i compagni. Loro dal carcere non usciranno mai più, eppure... Eppure applaudivano mentre io andavo verso il cielo aperto e libero”.

 Il presente di Lorenzo è l’esatto rovescio di una vita criminale anche perché lavora nell’ambito della giustizia riparativa facendo del suo meglio, onestamente. Alla fine dello spettacolo il battito di mani è scrosciante. Grazie a un progetto che coinvolge anche la Fondazione Corriere della Sera, i detenuti avevano già letto in cella il libro che Mauro Pescio ha dedicato a questa storia (“Io ero il milanese”). E Lorenzo? Nessuno può sapere se forse, mescolato tra il pubblico, fosse lì a godersi quella voce, quel coro “greco” della Nave e quelle mani: mani tutte per lui, per fargli prolungati e commossi applausi.