di Giorgio Temazi
Corriere della Sera, 7 marzo 2023
“Siamo tornati al Beccaria tre settimane dopo l’evasione del 25 dicembre. Incontriamo i ragazzi per insegnare il rugby. Lo facciamo da 15 anni, ogni sabato. Con la speranza che i valori del rugby possano aiutarli a comprendere qualcosa di utile. Per vivere, più che per giocare”.
Valerio Savino è il responsabile del progetto, varato nel 2007, dall’Associazione Sportiva Rugby Milano: uno sport basato sulla gestione dell’aggressività, proposto a ragazzi che con la propria aggressività fanno conti difficili. Una sfida, basata sull’ascolto; una squadra come opportunità contro la solitudine, perché un compagno che lotta e avanza per donare un vantaggio all’altro si trasforma in una rivelazione.
Da ricambiare poco dopo: “Abbiamo svolto un allenamento il 24 dicembre, il giorno prima dell’evasione dei sette detenuti. Con noi quel giorno c’era don Gino Rigoldi. E grazie a lui che il nostro progetto ebbe inizio. Parlammo del Natale come di un momento critico, così come accade in agosto, quando viene percepito un vuoto profondo. Entrambi respiravamo un’aria strana, una tensione anomala, segno che qualcosa stava per accadere. Dal nostro rientro nell’istituto, in gennaio, quella tensione sembra attenuata.
Però, dopo il clamore, dopo le prime pagine dei giornali e i proclami sull’urgenza di intervenire per migliorare le condizioni dell’istituto, ho la sensazione che nulla sia accaduto. Lo dico da semplice operatore che non conosce certi meccanismi istituzionali ma, insomma, tutto sembra rimasto come prima. So che don Gino sta facendo il possibile per riassestare il quadro educativo. Intanto però il Beccaria di oggi, a noi che lo frequentiamo una volta la settimana, pare identico al Beccaria del 2022. Lo dico sperando di sbagliarmi”.
Gli educatori dell’AS Rugby Milano procedono lungo un percorso in salita. II turnover del carcere minorile comporta ricominciare quasi da zero ogni anno per dedicare un tempo lungo alla crescita di fiducia da parte dei ragazzi. Dentro una realtà in involuzione: “Il tema della criminalità giovanile mostra cifre impressionanti. I dati del Ministero segnalano incrementi a doppia cifra dei fenomeni delittuosi legati all’adolescenza.
Incontriamo minori in grave disagio soprattutto dopo la pandemia, con una crescente attitudine a delinquere causata anche da un uso fuorviante dei social media. Questo richiede un atteggiamento nuovo, moderno e adeguato in termini educativi, che va dalle condizioni delle infrastrutture alla mentalità e all’esperienza degli operatori, come degli agenti di custodia.
Il contributo che possiamo dare con il rugby non risolve ma può offrire un piccolo sostegno. Ci occupiamo di giovani che si trovano al Beccaria da più tempo e hanno una maggiore consapevolezza del percorso che stanno affrontando. Tanto è vero che nessun rugbista ha partecipato a quell’evasione”. Savino ha 48 anni, si occupa di sicurezza informatica, allena, oltre ai ragazzi del Beccaria, i giocatori del Milano che disputano il campionato di seria A.
È convinto che questo progetto (supportato da Banca Popolare di Milano, Bmw Italia ed Edison), abbia un senso: “Sino a quando ci sarà un solo ragazzo disposto a mettersi in gioco, andremo avanti, con il desiderio di occuparci delle singole persone, accogliendoli senza giudicare. Aiutati da uno sport che trasmette atteggiamenti e messaggi positivi, al punto da smuovere la coscienza, la riflessione su se stessi.
Nel rugby il prossimo non lo si imbroglia, non c’è simulazione o protesta. L’avversario è un compagno di strada. Giocando, alcuni ragazzi assimilano, si fanno addirittura promotori di una lealtà rivelata. L’importante, credo, è presentarsi non come professori ma come portatori di una attività giocosa, svincolati da qualunque altro interesse”. Rugbisti che tornano ogni settimana, a differenza di chi, magari, si presenta per qualche giorno all’anno e stop.
“Ormai siamo visti - racconta - come fratelli maggiori. Gente che si trova lì per il piacere di esserci. Lo scorso agosto non potendo andare in ferie, ho preferito restare al Beccaria. Il fatto che un piccolo pezzo del mondo esterno si ricordi di questi ragazzi in modo semplice, senza gadget, senza pretendere nulla, credo possa aiutarli a ritrovare un filo di tenerezza, un po’ di fiducia”.