sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Rosario Di Raimondo

La Repubblica, 24 aprile 2024

Un anno fa ha dato avvio con la sua denuncia all’inchiesta della procura che ha portato all’arresto di 13 agenti e alla sospensione di altri 8: “Provo dolore per quanto accaduto”. “Un’isola di illegalità”, all’interno della quale si respirava “un clima di terrore”, mentre alcuni agenti pensavano di essere “padroni del carcere”. Francesco Maisto, 78 anni, garante dei detenuti del Comune di Milano, con la sua segnalazione di un anno fa è stato determinante nel far scattare l’inchiesta sul Beccaria.

Cosa prova oggi, alla luce dell’inchiesta?

“Dolore. Perché questa è una pagina dolorosa. Non solo oggi, ma in tutte le fasi che sono servite per raccogliere gli elementi che hanno portato all’ordinanza”.

Qual è l’aspetto più grave, secondo lei?

“Si parla di fatti gravissimi. Non singoli episodi ma un sistema, perpetrato per anni, che è andato avanti fino a un mese fa. L’indagine chirurgica, accurata della procura ha svelato un’isola di illegalità nella civilissima Milano. Un sistema che grazie al coraggio di alcuni operatori e genitori è emerso”.

Cosa succedeva dentro il Beccaria?

“C’era un clima di terrore”.

Che lei ha segnalato...

“Era doveroso, una delle poche cose che può fare un garante quando riceve una notizia di reato”.

Lei in quel carcere ci andava?

“L’ultima volta tre giorni fa. In passato, spessissimo: quando mi arrivavano voci, indicazioni, cercavo di capire. I detenuti li vedevo. Quando si va in un carcere minorile e li si trova sempre nelle celle, questo è già significativo di qualcosa di grave. Se si va nel campetto di calcio e non c’è nessuno, entri nei laboratori e sono vuoti, nelle ore più diverse, c’è qualcosa che non funziona”.

I detenuti si confidavano?

“Schivavano il contatto. Perché? Lo dice l’ordinanza. Ai ragazzi veniva detto: se parli, sarà peggio per te”.

I pm hanno ricostruito pestaggi, violenze, tentativi di insabbiare da parte degli agenti. Com’è stato possibile?

“Era un sistema chiuso. Quando si arriva a credere che si è padroni di un carcere, al punto da pensare di poter far trasferire il comandante o mitigare la professionalità del nuovo direttore, vuol dire che “questa è terra mia, qua comando io”.

Qualcuno doveva capire prima la situazione?

“Tante persone con titoli professionali sono passati, hanno visto e non hanno capito”.

Potrà cambiare finalmente il Beccaria?

“Non basta la professionalità di un nuovo direttore e di una comandante. Credo che una comunità come quella milanese debba attrezzarsi di più, Molte risorse sono state messe dal Comune, ma bisogna fare di più”.