di Ilaria Carra, Rosario Di Raimondo
La Repubblica, 30 luglio 2024
Il Garante Maisto: “Da due settimane ricevo varie missive da lì. Si parla di percosse e situazioni gravi, se sospetto un reato giro ai pm”. “Siamo sovraffollati, in condizioni che rasentano la disumanità”. La lettera dei reclusi del carcere bresciano di Canton Mombello, citata dal Presidente della Repubblica, non rimarrà un caso isolato. Su impulso del Garante dei detenuti di Milano Francesco Maisto, sia in città, sia in altri istituti penitenziari della regione, i volontari si muovono per raccogliere firme e testimonianze della vita dietro le sbarre, con l’obiettivo di mandare questo racconto collettivo della galera a Sergio Mattarella. Ma le missive intanto arrivano anche in procura. Ai magistrati milanesi è stata inviata, tra le altre, la segnalazione di un uomo rinchiuso a Opera: “Ci trattano come animali. Ieri sera hanno picchiato uno in venti con manganelli e asta di ferro”, le sue parole.
Maisto parla dell’iniziativa di raccogliere le voci di chi è dentro: “L’idea è di invitare tutti i detenuti a far conoscere al Presidente della Repubblica quali sono le condizioni di vita in cui si vive nelle carceri italiane. Si parte da un testo di base, quello di Brescia, che viene arricchito con le situazioni specifiche di ogni istituto”. A San Vittore, la struttura più sovraffollata d’Italia, al centro di centinaia di ricorsi in tribunale per detenzione inumana e degradante, si è già partiti. Ma non ci si fermerà qui.
Nella casa circondariale, segnala il Garante, c’è per esempio un tema da approfondire: “Si stanno facendo i lavori per rifare il vecchio centro di osservazione neuropsichiatrica. Ma così hanno dovuto spostare i detenuti, ammassandoli in altre celle. Sovraffollamento su sovraffollamento. Questo non significa incapacità della direzione. Semmai, c’è un’inadeguatezza nella soluzione dei problemi da parte del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Non si possono ridurre gli spazi perché si fanno i lavori senza trasferimenti in altri istituti. Non ci sono mai soluzioni per dare una vita più dignitosa ai detenuti”.
Ora si apre un altro fronte, come dimostra la lettera di un detenuto di Opera arrivata tre giorni fa sulla scrivania di Maisto. È scritta a penna su un foglio a quadretti, è destinata a un’amica del recluso: “Qui la situazione è peggiorata. Violazione totale dei diritti umani. Ci trattano come animali. Non vedo cambiamenti. Ieri sera hanno picchiato uno in venti con manganelli e asta di ferro. Non avrei mai pensato né immaginato una cosa del genere. Vorrei fare dei reclami tramite Antigone. Da otto giorni non vedo un medico e sto molto male. Se va avanti così faccio sciopero della fame”.
Non è la prima lettera che Maisto riceve da Opera. “Da un paio di settimane, ne arrivano un paio al giorno”. In genere, a scrivere sono parenti di detenuti che allegano i racconti delle persone rinchiuse. “Si parla di situazioni gravi, di pestaggi per atti di rimostranza, a volte basta anche la minima reazione di protesta individuale o collettiva. Ma c’è modo e modo di sedare e reprimere”. Da ex magistrato, il Garante segue quindi la strada già percorsa in passato quando si è avuta contezza delle violenze al minorile Beccaria: “Non avendo io gli strumenti giuridici, quando intravedo il fumus della notizia di reato investo delle questioni la procura”.
Il carcere di Opera, a sud di Milano, come si legge sul sito del ministero della Giustizia ha una capienza di 918 detenuti ma ne ospita quasi 1.300. Anche questo istituto, seppur in percentuale minore rispetto ad altri, è dunque sovraffollato. Gli agenti di polizia penitenziaria effettivi sono 517, ma quelli previsti sarebbero addirittura 696, dicono i dati aggiornati al 31 maggio.