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di Violetta Fortunati

Il Giorno, 9 marzo 2024

Detenute a San Vittore celebrano l’8 marzo con poesie e trucco. Emozionante evento organizzato da volontari e istituzioni per donare un momento di libertà alle carcerate. “Mi sento come una farfalla cui vengono tarpate le ali, come un uccello chiuso in gabbia. La libertà è la cosa più preziosa. Nessuno potrà mai ridartela ma la potrai riconquistare”, con questa poesia si apre l’evento in occasione della festa donna all’interno del carcere di San Vittore. La poesia recitata da Alessia, una delle detenute che hanno preso parte all’evento nel quasi surreale giardino all’interno della casa di reclusione, è stata seguita da altri versi recitati da una decina di carcerate della sezione femminile.

Perché anche in carcere è l’8 marzo, e le detenute per quest’occasione si sono truccate con tanto di rossetto. L’evento è stato organizzato da Federica Berlucchi, della cantina Fratelli Berlucchi, che da anni fa la volontaria al carcere di San Vittore, in collaborazione con il Centro Europeo Teatro e Carcere, e con la fondazione Fo Rame. Presenti all’evento anche Mattea Fo, nipote di Dario Fo e Franca Rame e presidente della fondazione a loro dedicata, Donatella Massimilla, direttrice artistica dello spazio Alda Marini, Daniele Nahum, presidente della sottocommissione carceri del Comune di Milano e Alessandro Giungi, consigliere comunale.

“È stato un evento emozionante”, racconta Berlucchi. “Emozionante soprattutto vedere la partecipazione e percepire che i miei incontri del giovedì stanno diventando sempre più belli ed emotivamente più ricchi. Mi sono veramente commossa - sottolinea - nel sentire i ringraziamenti delle mie ragazze, così le chiamo io, per quello che io faccio per loro. Le loro parole dettate dal loro cuore sono arrivate dritte al mio. Il carcere, si sa, è un concentrato di emozioni, ma ormai qui ho imparato a non piangere più. Però quando ho ricevuto in dono le loro mimose non sono riuscita a trattenere le lacrime”, racconta Federica Berlucchi.

“Sappiamo bene quale sia la qualità di vita all’interno del carcere: una situazione che grida vendetta e quindi in un certo senso tutte le detenute sono delle vittime”, afferma Daniele Nahum. “Stare in carcere è una sofferenza per tutti, ma soprattutto per le donne perché questa struttura è stata progettata per gli uomini e ci sono molte cose che creano disagio alle carcerate. Alda Merini era stata rinchiusa in un ospedale psichiatrico che era come un carcere. E da lì è come se fosse risorta perché da quella casa di cura è partita la sua rinascita. Ed è questo l’augurio che faccio a tutte le detenute il giorno della loro festa”, conclude Alessandro Giungi.