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di Andrea Gianni

Il Giorno, 21 ottobre 2024

Il fatto nel Centro d’accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Reazione violenta dopo che il ragazzo, trovato in possesso di un coltello, si è rifiutato di firmare il verbale. Imputati anche tre agenti per omessa denuncia. La difesa: “Quel giovane girava armato in strada di notte”. L’episodio al centro del processo è avvenuto nel centro di prima accoglienza Casa Testi, la struttura in viale Fulvio Testi a Milano che ospita minori stranieri non accompagnati. Il 5 aprile del 2023 un giovane, originario dell’Egitto e all’epoca 16enne, sarebbe stato minacciato e colpito alla testa con il calcio della pistola d’ordinanza da parte di uno dei poliziotti che quella notte lo avevano bloccato per un controllo sulle strade di Milano, trovandolo in possesso di “una pinza multifunzionale contenente fra i vari utensili una lama di 8 centimetri”.

Una reazione violenta scattata dopo che il ragazzo si era rifiutato di firmare il verbale. Per questo episodio sono stati rinviati a giudizio l’agente, accusato di minaccia grave, e altri tre colleghi che avrebbe assistito alla scena e sono imputati per omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale. Il processo si è aperto davanti alla settima sezione penale del Tribunale di Milano, e tra i testimoni sono stati citati il responsabile della struttura, un medico che all’epoca collaborava con il centro di accoglienza e due custodi notturni.

Presente all’udienza anche il ragazzo (persona offesa), assistito dall’avvocato Floriana Maio, che attualmente è detenuto nel carcere di Monza per reati non legati a questo procedimento. L’episodio è ricostruito nel decreto con cui la pm Cristiana Roveda ha disposto la citazione diretta a giudizio dei quattro agenti, difesi dall’avvocato Piero Porciani. Il giovane egiziano era stato bloccato a Milano e riaccompagnato a Casa Testi, per formalizzare successivamente la denuncia a piede libero per porto abusivo di armi.

Nel centro di accoglienza si sarebbe rifiutato di firmare il verbale e avrebbe iniziato a urlare in arabo contro i poliziotti, manifestando un “atteggiamento aggressivo e non collaborativo”. A quel punto uno degli agenti presenti lo avrebbe ammanettato e fatto sedere a terra, “puntandogli la pistola d’ordinanza alla tempia, colpendolo con calci sulle gambe e con la pistola sulla testa e proferendo frasi intimidatorie e insulti a sfondo razziale”.

Per questo deve rispondere dell’accusa di minaccia, con le aggravanti contestate dalla Procura dell’uso dell’arma, della “minorata difesa” del ragazzo e “dell’abuso dei poteri e in violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale”. I tre colleghi, invece, sono sotto processo per non aver denunciato l’episodio, con l’aggravante “di aver commesso il fatto rivestendo la qualifica di agente di polizia giudiziaria”. Nelle prossime udienze dovrebbero essere ascoltati anche loro in aula, e potranno rispondere alle domande del giudice. “Sembra incredibile - spiega l’avvocato Porciani - che quattro poliziotti siano processati sulla base della testimonianza di un ragazzo che gira di notte per la nostra città armato di coltello”.