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di Elisabetta Andreis

Corriere della Sera, 31 marzo 2023

Il progetto pilota rivolto anche al personale femminile del penitenziario. La storia di Susanna: è un modo per prendermi cura di me stessa”. Un camper entra nelle mura, proprio davanti al reparto femminile del carcere di Bollate - è un ambulatorio di 10 metri con a bordo ecografo e mammografo, un invito alla prevenzione e alla cura di sé che in Lombardia non si era mai visto. Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) in collaborazione con la Asst Santi Paolo e Carlo e con il sostegno di Europe Assistance porta per la prima volta in una casa di reclusione una iniziativa di questo tipo: “Prevenzione senza barriere” offre alle donne che vivono recluse un check-up oncologico completo e seminari informativi importanti. “Ci sensibilizzano sul bisogno di controllare la nostra salute come gesto di rispetto verso noi stesse e verso le persone che fuori dal carcere ci aspettano”, spiega Susanna, 54 anni, tra le promotrici e le prime a rendersi conto di quanto preziosa sia questa occasione.

Il mezzo ha sostato per una intera settimana, all’interno della struttura, e l’adesione ha superato le attese: hanno accettato i controlli con domande e racconti intimi dentro al camper l’80 per cento delle detenute tra i 20 e i 70 anni e il 90 per cento del personale femminile del penitenziario. “All’inizio, quando abbiamo cominciato a parlare dell’iniziativa tra le celle, molte ospiti erano prevenute e timorose. Nessuno aveva mai chiesto loro di prendersi cura della salute in modo attivo. Avendo confidenza con loro nel reparto mi sono fatto promotore dell’iniziativa, pian piano abbiamo trovato consensi e fiducia e alla fine, quando abbiamo chiesto chi tra tutte volesse fare da testimonial per parlare ai giornalisti, nessuna si è tirata indietro, anzi”, racconta il sovrintendente Roberto Capras. “Ci sono luoghi dove la prevenzione fa molta fatica ad arrivare, il carcere è uno di questi - riflette Marco Alloisio, presidente di Lilt Milano Monza Brianza -. L’ambulatorio mobile attrezzato con apparecchiature di ultima generazione ci consente di abbattere barriere e resistenze soprattutto psicologiche”.

Il direttore di Bollate Giorgio Leggieri auspica che la collaborazione sia duratura: “Può essere un progetto pilota da replicare anche in altri contesti dove si incontrano fragilità umane e sociali - dice -. È anche con progetti come questi che si lavora sull’inclusione e non a caso abbiamo coinvolto sia donne che vivono in libertà ristretta, sia operatrici e agenti che vivono la loro quotidianità qui dentro, esattamente come le altre”. Non è solo prevenzione ma anche sensibilizzazione, fa notare Matteo Stocco, direttore dell’Asst Santi Paolo e Carlo: “Prima dell’emergenza Covid c’era maggiore mobilità e le detenute prendevano parte ai programmi di screening oncologici regionali, con le complicazioni della pandemia c’è stata una battuta d’arresto ma non si devono perdere le buone abitudini. La finalità rieducativa della pena consiste anche nel promuovere welfare e tutela dei diritti umani e sociali”

Nella Casa circondariale sono detenute circa 100 donne (a fronte di circa 1.250 uomini), in un unico reparto ove sono impiegate circa trenta unità di Polizia Penitenziaria femminili per assolvere ai servizi istituzionali. Un dato che rispecchia le percentuali a livello nazionale dove le donne rappresentano il 5% dell’intera popolazione carceraria. Sono relativamente poche ma necessitano della massima attenzione, come dicono anche i dati. Negli ultimi anni, complice la pandemia, i Italia le nuove diagnosi di tumore sono passate da 376.600 nel 2020 a una stima di 390.700 per il 2022. In questi casi la prevenzione precoce è cruciale: come dice Susanna, “il torpore sul letto non aiuta nessuno. Gli anni in carcere possono essere “Kayros”, tempo opportuno per imparare nuove cose. Ad esempio, a prendersi cura degli altri e in parallelo, di sé”.