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di Andrea Gianni

Il Giorno, 8 dicembre 2023

“Scusate ma non me la sento di andare avanti. Il carcere è anche questo: un luogo di sofferenza, dove ci sono persone che stanno male”. Il direttore del carcere di San Vittore, Giacinto Siciliano, ha comunicato così, agli ospiti e ai circa 60 detenuti radunati per assistere alla Prima della Scala, la decisione di sospendere la proiezione al rientro dal secondo intervallo. Una decisione presa dopo il tentato suicidio di un uomo, un detenuto egiziano di 46 anni, entrato in carcere mercoledì pomeriggio con l’accusa di furto. Attorno alle 20 avrebbe cercato di togliersi la vita impiccandosi nella sua cella al quinto raggio mentre a poca distanza, nello spazio dove è stato allestito lo schermo, il “Don Carlo” di Giuseppe Verdi veniva trasmesso in diretta dal Piermarini. Una tragedia seguita da momenti concitati, con la corsa degli agenti della polizia penitenziaria, degli operatori Areu presenti e dello stesso direttore del carcere per prestare i primi soccorsi all’uomo, poi trasportato in ospedale a bordo di un’ambulanza, in gravi condizioni.

Le parole di Giacinto Siciliano, ieri insignito dell’Ambrogino d’Oro, sono state seguite da numerose strette di mano e messaggi di vicinanza. Poi i detenuti sono stati riaccompagnati nelle loro celle, mentre gli ospiti sono usciti dal carcere. In silenzio, dopo l’ombra calata su una giornata di festa e di incontro. Il dramma ha interrotto quel “ponte”, tra il carcere e il mondo esterno, che si era creato durante la Prima, da dieci anni trasmessa anche nella casa circondariale in piazza Filangieri. È saltata anche la tradizionale cena a base di risotto e panettone, piatti offerti dai detenuti agli ospiti e agli agenti al termine della Prima. “Episodi come questo, dai contorni ancora da chiarire - ha spiegato l’assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Marco Granelli - ci fanno capire, ancora una volta, che servono più risorse per le carceri, per migliorare le condizioni dei detenuti e di chi ci lavora a tutti i livelli. Accendono un faro su un mondo dove, purtroppo, questi problemi sono all’ordine del giorno”.

I problemi irrisolti delle carceri, d’altra parte, sono stati citati più volte anche nei discorsi delle autorità, prima della tragedia che ha interrotto la rappresentazione dell’opera. A San Vittore si trovano più di mille detenuti, con una condizione cronica di sovraffollamento. “La bellezza di simili iniziative non cancella le criticità del sistema penitenziario, non nasconde i tanti problemi anche dell’istituto di San Vittore”, è il messaggio del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, letto prima dell’inizio della diretta organizzata nell’ambito del progetto “Scala diffusa”, per portare l’opera nei quartieri e in “luoghi di sofferenza” come il carcere di San Vittore e Opera.

“Proprio simili occasioni possono contribuire a diffondere la consapevolezza delle complessità, dei bisogni e dei diversi volti del sistema penitenziario - sottolinea Nordio -. Desidero rinnovare la mia gratitudine per il personale dell’amministrazione penitenziaria a tutti i livelli, perché solo la loro straordinaria dedizione rende possibili progetti come questo”. Il ministro, che l’anno scorso era presente a San Vittore e quest’anno ha mandato un messaggio, ha espresso il suo impegno per “favorire il più possibile le occasioni di cultura, sport e soprattutto di lavoro in carcere, essenziali per restituire alla città persone non più disposte a delinquere”.

Anche il direttore Giacinto Siciliano, nel suo discorso, ha parlato delle “problematiche storiche” di San Vittore, dove “entrano sempre più persone”. E ha invitato gli ospiti a “fare qualcosa per dare una mano”, anche attraverso i tanti progetti che hanno l’obiettivo di migliorare le condizioni dei detenuti e offrire occasioni di reinserimento e recupero.

A San Vittore, tra gli altri, erano presenti magistrati e avvocati, il presidente dell’ufficio gip del Tribunale di Milano Aurelio Barazzetta, l’assessore Granelli, la senatrice e atleta paralimpica Giusy Versace con la tuta delle Fiamme Azzurre. Poi la giornalista Lina Sotis, che da anni si spende per i progetti nelle carceri. “Quando tanti anni fa sono entrata in carcere - ha ricordato - mi sembrava un posto da aiutare. Invece è anche un luogo che aiuta, perché aiutare chi ha bisogno rende più liberi”. Ha parlato anche del suo sogno, quello di organizzare una esibizione dal vivo del ballerino Roberto Bolle in carcere. Discorsi che hanno preceduto la tragedia del tentato suicidio durante la diretta, mentre i numeri fotografano un’emergenza. L’anno scorso si sono tolti la vita negli istituti penitenziari italiani 84 detenuti: è il numero più alto dal 1990. In media nel 2022 si è suicidato un detenuto ogni quattro giorni e mezzo, secondo l’associazione Ristretti Orizzonti, che si occupa di raccogliere, elaborare e divulgare notizie sulle carceri. Un’incidenza 20 volte più alta rispetto alla popolazione generale.