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di Giuseppina Manin

Corriere della Sera, 15 aprile 2024

Musica e Parole è un format nato dall’intesa tra le Dimore del Quartetto e il progetto Leggere Libera-Mente con il sostegno di Itsright Società Benefit. “E sognò la libertà, e sognò di andare via, via, via”. Che altro può sognare un detenuto? Di quel sogno ineludibile Lucio Dalla ne aveva fatto una delle sue canzoni più belle. Ma dentro una cella sogni e incubi, visioni e miraggi si affollano e si moltiplicano, e per non farsi sopraffare bisogna riuscire a raccontarli. Un’urgenza raccolta da Musica e Parole, format nato dalla collaborazione tra le Dimore del Quartetto e il progetto Leggere Libera-Mente con il sostegno di Itsright Società Benefit, che per il terzo anno si impegna a sollecitare un gruppo di detenuti del carcere di Opera a riflettere su temi cardine delle vite di tutti. Capitoli cruciali per chiunque voglia ricominciare.

E così, dopo la Bellezza e la Speranza, è la volta del Sogno. Territorio impervio, da attraversare con l’aiuto di parole e versi scritti da loro stessi ma anche di brani musicali capaci di riflettere tante emozioni. Un complesso lavoro di preparazione condiviso in un incontro aperto al pubblico alla Casa di Reclusione di Opera. Protagonisti una ventina di detenuti inseriti nel laboratorio Libera-Mente dell’associazione Cisproject, e i giovani strumentisti del Doré Quartet: Ilaria Taioli (violino), Samuele Di Gioia (violino), José Manuel Muriel López (viola), Caterina Vannoni (violoncello).

“Proprio per la sua fluidità, il sogno si può declinare in varie accezioni: a occhi chiusi, a occhi aperti, persino spalancati - ricorda Francesca Moncada, ideatrice e anima delle Dimore del Quartetto -. Raccontare i propri sogni non è facile, ma l’intreccio tra musica e parole ha la forza di evocare immagini e atmosfere, sollecitare nuovi scenari di pensiero”. Interessanti gli accostamenti tra i sogni elaborati dai detenuti e le partiture scelte dai musicisti. Per esempio la libertà ha trovato eco nel Quartetto n.2 in la minore di Brahms, ispirato a un viandante in cammino verso una redenzione. Mentre l’amore, altro desiderio lancinante, ha avuto come sfondo sonoro il Quartetto n. 2 in la minore di Mendelssohn dove il compositore si interroga sulla natura di questo sentimento. Quanto alla speranza, così ardua da coltivare in un luogo di sofferenza, l’appiglio è stato Beethoven, Quartetto n.3 in re maggiore capace di suscitare calma e fiducia.

Ma il sogno dietro le sbarre sconfina in territori sorprendenti. Ismael racconta di sognare “una patria rotonda”, senza bandiere, né confini, né guerre. Quello di Mimmo, il poeta del gruppo che scrive versi in napoletano, è invece di stare “zieme a te” perché solo allora “o cielo para chiù bello e le stelle addubbat’a festa”. Quanto a Raffaele, che sta per laurearsi in Scienze dei Beni Culturali, confessa che per “sopravvivere al presente bisogna inventarsi l’isola che non c’è” e lui l’ha trovata nella cultura. Sogna il mare Pietro, quel mare “che mi dà senso di libertà, ma nel profondo del mare sogno spesso una sirena che mi trascina sul fondo”.

L’incontro con la grande musica per loro è stata un’esperienza straordinaria. Anche perché il quartetto, formazione musicale la più paritetica, è un esempio di convivenza possibile, di un’armonia da raggiungere insieme. “Stando sul palco ho ascoltato come non ho mai ascoltato - ricorda Mimmo -. Bastava chiudessi gli occhi per volar via, per evadere, aggrappandomi al do re mi fa. Che goduria!”.