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di Mario Consani

La Repubblica, 6 febbraio 2024

Cinque persone in celle dove dovrebbero vivere in due. Sovraffollamento alle stelle, capienza limitata da lavori in corso da decenni in due raggi, presenza record di casi psichiatrici. E popolazione di detenuti sempre più giovane e straniera, con gli arresti giornalieri in città che aumentano e vanno a riempire ancora di più le celle strapiene. Al di là della polemica esplosa ieri per il diniego del ministero alla presentazione dell’ultimo libro di Giuliano Amato in programma per questa mattina proprio lì dentro, il vecchio carcere di San Vittore scoppia ormai da tempo per tanti motivi.

Aperto nella seconda metà dell’800 nel cuore della città, è oggi ufficialmente il più sovraffollato d’Italia - stando a un recente studio del garante nazionale delle persone private della libertà - perché ospita 1068 persone nei soli 458 posti effettivi di cui dispone, con un tasso del 233% di affollamento. Due reparti chiusi da più di vent’anni per motivi strutturali, d’estate l’atmosfera è irrespirabile nelle celle per l’accalcarsi delle presenze umane, ma d’inverno queste nemmeno bastano a scaldare la struttura. L’ultimo problema sollevato in questi giorni anche da avvocati penalisti e volontari della Caritas, riguarda proprio il cattivo funzionamento dell’impianto di riscaldamento all’interno della casa circondariale. Ma questo, considerata anche la stagione mite, può essere in fondo un disagio superabile.

Ben diverso è quello generale che deriva direttamente dal numero straordinario dei detenuti e che si riflette, inevitabilmente, sui diversi aspetti della convivenza forzata: dall’utilizzo meno frequente per tutti delle docce, all’accesso più diradato ai servizi sanitari. La settimana scorsa, racconta il garante milanese per i diritti dei detenuti Francesco Maisto, un ragazzo italiano di appena 22 anni, entrato da pochi giorni, è stato trovato in cella privo di vita. Morte naturale, forse. Gli esiti dell’autopsia disposta dal magistrato non sono ancora noti. Così fosse, ci sarebbe da interrogarsi sulla qualità dei controlli sanitari all’ingresso nella casa circondariale. Ma potrebbe essersi trattato di suicidio, e in quel caso sarebbe il secondo in due mesi, considerato quello che un 40enne egiziano entrato in carcere solo due giorni prima, mise in atto lo scorso 7 dicembre proprio mentre nella rotonda dell’istituto si proiettava su maxi-schermo alla presenza di detenuti e ospiti esterni la prima della Scala come avviene ormai da anni. Solo che due mesi fa il direttore Giacinto Siciliano ha dovuto ovviamente sospendere lo “spettacolo” della lirica spiegando il motivo e invitando tutti a lasciare la struttura.

Oltre all’insostenibile numero di presenze abituali, il disagio a San Vittore è alimentato anche dall’aumentato numero di arresti quotidiani in città per reati di strada (così dicono le statistiche) e il conseguente nuovo arrivo nella struttura di piazza Filangieri 2 (che è una casa circondariale) di circa una ventina di persone in media ogni 24 ore. Così servono a poco anche i periodici “sfollamenti”, cioè i trasferimenti di detenuti verso altri penitenziari. C’è poi il fatto che ormai la maggior parte degli ospiti, in certi momenti anche il 70-80%, è fatta di stranieri spesso irregolari. Sempre di più finiscono dietro le sbarre giovani tra i 18 e i 25 anni, 250 in media negli ultimi mesi. E quasi la metà dell’intera popolazione del carcere ha problemi di droga o dipendenza da alcol, molti hanno crisi legate all’abuso di farmaci. Tantissimi sono quelli con disturbi di tipo psichiatrico.

“In questo momento sono circa 400 gli ospiti con diagnosi psichiatriche”, spiega il garante Maisto. Poi ci sono quelli con disturbi della personalità non diagnosticati formalmente e addirittura alcuni che il giudice ha valutato incapaci di intendere e volere ma attendono in carcere, dove non dovrebbero stare, che si liberi un posto in una Rems, le residenze che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari.

“E il vero problema non è solo il rispetto formale degli spazi - ha ammesso di recente il direttore Siciliano durante una trasmissione radiofonica - quanto la difficoltà di garantire a chi è dentro una certa qualità della detenzione. A San Vittore cerchiamo di avere attenzione per le persone, ma c’è anche un problema di spazi per le attività, che spesso non si riesce a risolvere”. Però in carcere esiste anche un reparto come ‘La nave’, che da vent’anni ottiene buoni risultati con un gruppo, sia pur ristretto, di detenuti con problemi di tossicodipendenza. “Il carcere è il servizio pubblico che si ritrova a dover gestire tutto quello che negli altri non ha funzionato - ribadiva a Radio radicale il direttore Siciliano - e andrebbe finanziato adeguatamente”.

“Vogliamo mettere l’accento sulla necessità di dialogo ed ascolto in particolare sul tema del carcere”, ha detto in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario qualche giorno fa la presidente dei penalisti milanese, l’avvocato Valentina Alberta. “Avvocati e magistrati, con l’amministrazione penitenziaria, abbiamo avviato ormai da più di un anno un progetto condiviso di conoscenza, che abbiamo voluto chiamare “Disagio dentro”. Il progetto ha portato il carcere stesso, attraverso il potente mezzo della fotografia, a Palazzo di Giustizia e nella città, e poi tutti noi operatori insieme all’interno delle carceri. Mai come ora dobbiamo farci carico di una situazione tragica che vede in questo momento il nostro carcere cittadino, San Vittore, soffrire di un sovraffollamento del 233%, che significa che le celle per due persone sono oggi occupate da cinque persone”.