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di Anna Giorgi

Il Giorno, 12 settembre 2023

Trentacinque anni, italiano, autolesionista recidivo, grossi problemi di tossicodipendenza che avevano aggravato un precedente stato di “debolezza psichiatrica”. Il 35enne era rinchiuso nella sezione regolamentata ex articolo 32 delle norme sull’ordinamento penitenziario, dove vengono poste le persone aggressive verso gli altri o verso se stesse come in questo caso. L’uomo era seguito dagli psicologi del carcere, si è impiccato con le maniche della felpa al letto. È l’ultimo caso di suicidio, avvenuto due giorni fa, alla casa circondariale di San Vittore, dove il 35enne con precedenti penali per spaccio si trovava in attesa di giudizio a causa di un aggravamento della pena dopo aver commesso una rapina.

Un’emergenza “invisibile”, quella del grave disagio che si vive nelle carceri dovuto anche al sovraffollamento che porta a gesti estremi più frequenti nelle case circondariali dove ci sono detenuti in attesa di giudizio. Sabato scorso, un altro detenuto si era impiccato nel carcere di Busto Arsizio. L’uomo, 33 anni, era recluso, anche in quel caso, per reati di droga e si è impiccato in bagno con un lenzuolo. Quello di ieri è l’ottavo suicidio nelle carceri milanesi, il quinto a San Vittore dall’inizio del 2023, di cui tre fra la fine di luglio e il mese di agosto. E si registra, inevitabilmente, una crisi che tocca il picco in estate con un caldo, contrastabile solo con qualche ventilatore nelle parti comuni, che toglie il respiro nelle celle e alimenta gesti e reazioni incontrollate in chi già vive un equilibrio psicologico precario.

Al sovraffollamento si aggiungono vuoti di organico nella polizia penitenziaria, direttori di istituto che devono gestire più istituti. E tornando ai detenuti la riduzione delle telefonate e dei colloqui con i familiari, rendono sempre più difficile, se non impossibile, la permanenza nelle celle. È in questo clima che spesso la situazione precipita e diventa ingestibile, a volte anche per persone che in altri momenti non hanno mostrato segni di disagio.

Di agosto la direttiva inviata dal Provveditore dell’amministrazione penitenziaria lombarda, Maria Milano, ai direttori dei 18 istituti della regione. “Dalla lettura di eventi critici recentemente occorsi - si legge - è emerso, in talune circostanze, un utilizzo improprio dei mezzi di coercizione fisica. In particolare, è stato rilevato l’uso delle manette all’interno delle sezioni detentive per contenere gli agiti auto ed etero aggressivi posti in essere dai detenuti”. In tema sovraffollamento la maglia nera resta alla Lombardia, che con il suo tasso medio del quasi 135% è la regione italiana con le carceri più sovraffollate. Poi ci sono i record di alcuni istituti: Varese, Como e Brescia (Canton Mombello) con i loro 185%, ovvero presenze quasi doppie rispetto alla capienza regolamentare: 335 a Brescia (invece di 185), 403 a Como (invece che 226), 94 a Varese invece delle previste 53.