sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Simona Ballatore

Il Giorno, 12 novembre 2023

Impegno in carcere (e fuori), laboratori, lavoro: 200 soci sempre in formazione. Sono nati anche corsi di mediazione nei reparti femminili. Compie cent’anni Sesta Opera San Fedele, una delle più antiche associazioni italiane di volontariato penitenziario, che a Milano conta oggi 200 soci che si impegnano tra San Vittore, Opera, Bollate, il carcere minorile Beccaria, il reparto speciale dell’Ospedale San Paolo e il carcere di Cremona.

Ieri i volontari hanno organizzato un convegno scientifico e incontrato i vertici dell’amministrazione giudiziaria a San Vittore, dove tutto è cominciato, per ricordare i progetti avviati nel primo secolo di vita guardando alle nuove sfide. Una su tutte: “Giustizia riparativa - sottolinea il presidente, Guido Chiaretti, in prima linea sin dagli anni Novanta -: si è venuto a creare uno spazio enorme per la società civile e il mondo del volontariato, che è ancora tutto da costruire. Dobbiamo dialogare insieme per trovare vie di collaborazione e sostenere un’opera di volontariato ancora più difficile, che non è dentro gli istituti penitenziari ma fuori. In Italia per ogni 100 detenuti in carcere ci sono 145 persone che scontano la pena sul territorio. In Lombardia sono ancora di più: sono 185 ogni 100. Dobbiamo accompagnare i condannati invisibili. È più complicato, si prende in carico anche la famiglia”.

L’impresa di Sesta Opera San Fedele nasce nel 1923 dall’idea di un gruppo di liberi professionisti della Congregazione Mariana, in una sede all’interno dell’Istituto Leone XIII a Porta Volta. Il 30 novembre 1963 venne formalmente costituita l’associazione che fece da apripista per il riconoscimento legislativo dell’assistenza carceraria.

“Il primo aspetto fondamentale è la formazione dei volontari - sottolinea Chiaretti -: ogni anno organizziamo un corso e Milano mostra la sua generosità e il suo senso civico incredibile: senza farci pubblicità si presentano sempre cento persone nuove; 25/30 capiscono che non fa per loro, che è molto più difficile rispetto alle aspettative. Le altre restano”. E assicurano nuove energie. Per i primi sei mesi si affiancano ai volontari storici, la formazione poi è permanente. Ci si prende cura degli aspetti apparentemente più elementari, come vestire i detenuti, e dell’accoglienza dei “nuovi giunti”, anche in un’ottica di prevenzione dei suicidi.

Si organizzano attività culturali e gruppi di preghiera: “A San Vittore pregano con noi anche i musulmani - spiega il presidente -. Diamo senso al tempo vuoto: a Bollate c’è un laboratorio di filosofia e vengono organizzati corsi di informatica, sono gli stessi detenuti che sanno già usare il Pc a insegnare a usarlo ad altri. Sono nati anche corsi di mediazione nel reparto femminile, che era molto conflittuale, per permettere alle ‘leader’ sia positive che negative di diventare mediatrici per le loro compagne, aiutandole a gestire le emozioni. Si aprirà uno sportello”.

È nata anche un’associazione di detenuti a Opera, si combatte l’isolamento facendo incontrare chi è recluso con persone con disabilità ed è stato avviato un progetto pilota col Politecnico e una grossa azienda di software per formare manager e creare una cooperativa che dia lavoro ai compagni: “L’esercizio delle responsabilità aiuta a non focalizzarsi solo se stessi, imparando a pensare agli altri”.