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di Elisabetta Andreis

Corriere della Sera, 30 marzo 2022

Due tesi di laurea sul carcere e l’amicizia con un detenuto innamorato del teatro che le ha messe in contatto. È cominciata così l’avventura di Serena Andreani e Beatrice Masi, 29 e 34 anni. Passano interi pomeriggi dietro le sbarre, aiutando reclusi a Bollate a scrivere e recitare liberando creatività e pensiero: il debutto qualche giorno fa sul palco del penitenziario che dopo anni di stop, grazie a loro, ha riaperto. Allo spettacolo era invitata la cittadinanza e in tutte le repliche ha registrato un entusiasta sold out.

La “squadra” - Le due ragazze si guardano e ancora non ci credono. Danno il merito a Christian, “mentore e facilitatore”, e lui ben volentieri in parte se lo prende. “Siamo una squadra”, si sminuisce uscendo dalla cella dove vive da anni ed entrando all’ennesimo laboratorio teatrale cui partecipa. Riavvolgono il nastro, i tre. Serena si era laureata allo Ied, Beatrice all’Accademia delle Belle arti di Brera. Entrambe le tesi erano focalizzate sul teatro, eppure a Bollate durante gli anni universitari non si erano mai incontrate. La prima collaborava con la cooperativa Estia fondata dall’attrice e regista Michelina Capato, che già nel 2003 puntava sul teatro per mantenere salda l’autostima di chi vive dietro le sbarre. Beatrice invece portava gruppi di ragazzi detenuti fuori dalle mura affidando loro la realizzazione di murales. Nel 2018 la cooperativa Estia si sciolse e il teatro del carcere di Bollate si fermò con un ultimo colpo di coda, una gloriosa rappresentazione in trasferta al Piccolo. Poi l’impasse. A romperla fu proprio Christian, che aveva conosciuto separatamente Beatrice e Serena e non si rassegnava all’interruzione dei laboratori in cui riusciva a dare il meglio di sé.

Un colpo di fulmine - Un giorno prese separatamente Serena e Bea e chiese loro di conoscersi, di trovarsi per un caffè. E ha talmente insistito che le due lo hanno fatto. I caffè sono diventati due, tre, quattro. “Ci siamo conosciute, studiate, confrontate sulle idee che avevamo in testa e sulla volontà reale di mettere in piedi un progetto a lungo termine all’interno del carcere di Bollate”, racconta Serena. “È stato un colpo di fulmine il nostro. Perché quando due persone sono allineate si riconoscono subito”, annuisce Bea. Lei aveva fondato la Società cooperativa sociale Le Crisalidi già nel 2017 e svolgeva attività legate al sociale ma non nello specifico al teatro in carcere. “Insieme le abbiamo dato una nuova veste - la ringrazia Serena -. Grazie allora a Bea perché si è fidata di me e ha voluto che fossimo in due in questo percorso, e ha condiviso quanto aveva già iniziato a costruire. Oggi eccoci, come due sorelle che si conoscono da sempre. Essere in due è bello. E noi siamo caratterialmente una l’opposto dell’altra, proprio per questo funzioniamo”.

I testi li scrivono insieme - In un certo senso hanno preso il testimone della Capato, scomparsa di recente, e nel 2020 il penitenziario diretto da Giorgio Leggieri ha affidato loro formalmente le attività teatrali, così come fanno ad esempio anche l’associazione Puntozero al Beccaria e il Cetec a San Vittore. Dopo la pandemia sono partite a spron battuto: “Lavoriamo a 360 gradi, dalla regia alla scenografia alla drammaturgia che prende forma dalle voci del gruppo”, dicono. I testi, manco a dirlo, li scrivono insieme. Hanno anche appena vinto un bando di Fondazione di Comunità Milano e perciò possono guardare già al prossimo spettacolo: “Lo dedicheremo, anche questo, al nostro “assistente numero 1”, Christian”.