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di Gennaro Grimolizzi

Il Dubbio, 11 aprile 2024

La Corte di Cassazione (Sezioni Unite civili, presidente D’Ascola, estensore Patti) ha rigettato i ricorsi dei magistrati Alessandro Donato Pesce e Michele Ruggiero contro la sentenza del Csm, con la quale la sezione disciplinare dell’organo di autogoverno della magistratura aveva dichiarato Ruggiero e Pesce responsabili di alcuni illeciti disciplinari. Ai due ex sostituti procuratori, in servizio negli anni scorsi a Trani, sono state contestate condotte gravemente scorrette ai danni di alcune persone coinvolte in procedimenti penali pendenti presso la procura tranese. Tra le contestazioni, nell’ambito di diversi procedimenti disciplinari nel frattempo avviati, le violazioni “dei doveri di imparzialità, correttezza, equilibrio e rispetto della dignità della persona, nell’esercizio delle funzioni di sostituti procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Trani”, e violazioni di legge ricorrendo “a metodi di indagine idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione e ad alterare la capacità di memoria e di valutazione di specifiche circostanze”.

In seguito agli approfondimenti effettuati da Palazzo dei Marescialli emerse che le due toghe usarono “toni marcatamente offensivi, denigratori e pure evidentemente minacciosi nei confronti dei soggetti escussi”. Una condotta assolutamente incompatibile con la funzione svolta. La Sezione disciplinare del Csm aveva già disposto la sospensione dalle funzioni di Ruggiero (per due anni) e di Pesce (per nove mesi), disponendo il trasferimento del primo presso il Tribunale di Torino e del secondo al Tribunale di Milano, entrambi con funzioni di giudice civile.

Nel settembre 2023, Pesce e Ruggiero hanno proposto ricorso per Cassazione, rispettivamente con quattro motivi, illustrati da memoria finale, e con cinque motivi. Il procuratore generale ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi. Tra i passaggi più significativi della sentenza pubblicata ieri si segnala quello in cui i giudici della Cassazione esaminano la possibilità, in materia di procedimento disciplinare a carico di magistrati, che la Sezione disciplinare del Csm possa disporre il trasferimento ad altra sede o ad altro ufficio. L’interpretazione della norma (il riferimento è all’articolo 13, primo comma, del D. lgs. 106/ 2006) prevede entrambe le misure, “senza escluderne il cumulo, poiché la ratio della norma non è quella di sanzionare ulteriormente il magistrato, ma di impedire che il contesto ambientale in cui esso opera, rispetto al quale sono rilevanti sia la sede che le funzioni svolte, determini ulteriori violazioni disciplinari lesive del buon andamento della giustizia: tutelando, pertanto, un interesse pubblico riconducibile all’articolo 97 della Costituzione e all’intero Titolo IV della Costituzione”.

Michele Ruggiero in uno dei motivi - il terzo, per la precisione del ricorso presentato ha rilevato la “manifesta illogicità della motivazione”, in quanto la Sezione disciplinare del Csm ha disposto nei propri confronti, unitamente alla sanzione di sospensione dalle funzioni giudiziarie per la durata di due anni, il trasferimento d’ufficio al Tribunale di Torino, “con l’obiettivo del proprio radicale allontanamento dal distretto nel quale avrebbe commesso le condotte incriminate”. Inoltre, l’ex sostituito procuratore, che a Trani indagò su alcune agenzie di rating e sulla Deutsche Bank, ha considerato “punitivo” il trattamento nei propri confronti da parte del Csm, in quanto contrario al principio di buon andamento dell’amministrazione della giustizia, “in violazione pure del diritto al rispetto della propria vita familiare”. Anche su questo punto la Cassazione si è pronunciata, ritenendo inammissibile il motivo del ricorso. L’argomentazione della Suprema Corte è molto chiara. “Secondo insegnamento consolidato di queste Sezioni Unite - scrivono i giudici -, in materia di procedimento disciplinare a carico di magistrati, l’applicazione della sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio, salvo il necessario presupposto rappresentato dall’irrogazione di una sanzione principale, diversa dall’ammonimento e dalla rimozione, è rimessa ad un apprezzamento di fatto della Sezione disciplinare del Csm, non sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato”.