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di Nicola Mirenzi

huffingtonpost.it, 7 gennaio 2022

Cosa c’entra Alfredo Cospito - colpevole di un attentato dimostrativo che non voleva fare e non ha fatto vittime - con ‘ndranghetisti, camorristi e affiliati a Cosa nostra? Lui è in sciopero della fame dal 19 ottobre, non vuole suicidarsi, ma è determinato ad andare fino in fondo. Ma il ministro della Giustizia può ancora fare qualcosa.

L’avvocato di Alfredo Cospito, il primo e unico anarchico della storia a essere detenuto al 41 bis, ha detto che il suo assistito, in sciopero della fame dal 19 ottobre, “ha avuto un preoccupante calo di potassio, necessario per il corretto funzionamento dei muscoli involontari, tra cui il cuore”. Dopo settantatré giorni senza mangiare null’altro che un cucchiaino di miele, Cospito ha perso 35 chili. Pesava 118 quando è entrato in galera (è alto un metro e novantaquattro), oggi pesa 83. Da cinque giorni ha smesso di assumere anche gli integratori. Da qui il calo di potassio.

“I medici”, dice ad HuffPost il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, “gli hanno somministrato degli integratori specifici per ripristinare il livello di potassio”. Cospito li ha assunti perché non vuole suicidarsi. Ma è “determinato ad andare fino in fondo”, dice il suo avvocato. E se le cose rimarranno così, l’Italia si troverà di fronte a un anarchico, affiliato a un’associazione internazionale priva di gerarchia, la Fai-Fri, che muore in un regime carcerario - il 41 bis - pensato per combattere le organizzazioni criminali fortemente gerarchiche, come quelle mafiose, nelle quali poche persone danno gli ordini, anche dal carcere, e alcuni altri affiliati lì fuori obbediscono. Mentre, in questo caso, lì fuori non c’è nessuno che prenda ordini.

Cinquantacinque anni, Alfredo Cospito è stato condannato nel 2014 a 9 anni 5 mesi e 20 giorni di carcere per il ferimento di Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo, a Genova. Pena già finita di scontare. Rimane in carcere perché, nel frattempo, è stato condannato per un secondo reato, commesso a metà degli anni duemila: quello di aver posizionato, nella notte ​​tra il 2 e il 3 giugno del 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, senza fare né morti né feriti. In primo e secondo grado gli hanno dato vent’anni, ma in Cassazione hanno riqualificato il reato come strage contro la sicurezza dello Stato, benché non ci siano state vittime: un reato che prevede l’ergastolo, anche ostativo, e che non è stato contestato neanche agli autori delle stragi di Capaci e via D’Amelio, nelle quali furono uccisi Falcone, Borsellino e gli uomini delle rispettive scorte. La Corte d’appello di Torino, chiamata a rivedere la pena, ha accolto alcuni rilievi della difesa sulle attenuanti, e ha mandato gli atti alla Corte costituzionale.

Al momento, perciò, non è chiaro quale sia precisamente la pena a cui è condannato Cospito. Ma, in ogni caso, la sconta al 41 bis. Regime nel quale si trova dal 4 maggio di quest’anno (prima stava in alta sorveglianza), per decisione del ministro della Giustizia del governo Draghi, Marta Cartabia. La quale ha giustificato l’applicazione del 41-bis con i “numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all’esterno del sistema carcerario”. Si tratta di interventi sulle riviste anarchiche, nei quali Cospito invita i propri compagni anarchici “a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti, ritenuti più efficaci”. Ma, per impedirgli di mandare questi messaggi, tutti pubblici, sarebbe bastato proibirgli di scrivere sui giornali. Perché il 41 bis? Un regime di estrema privazione, che l’associazione Nessuno tocchi Caino considera una tortura. Nel quale il detenuto vive nella cella solo, senza poter vedere neanche i familiari e a cui è vietata qualsiasi attività, anche la lettura.

Il 3 novembre, quando già il neo governo Meloni aveva scelto un altro ministro della Giustizia, il senatore di Sinistra italiana Domenico De Cristofaro scrisse a Carlo Nordio per chiedergli se non ritenesse “doveroso riesaminare le motivazioni poste a fondamento del decreto adottato dal suo predecessore”. Nordio non si pronunciò. “Mi ha risposto solo una settimana fa” dice il Senatore De Cristofaro ad HuffPost. Ma il 2 dicembre il ministro della Giustizia ha parlato in Senato, rispondendo al question time della senatrice Ilaria Cucchi. Ha definito la vicenda Cospito “dolorosa”. Ma ha detto di non avere purtroppo alcun potere d’intervento, dal momento che il Tribunale di sorveglianza si era già riunito per esaminare il reclamo di Cospito. Il dettaglio è che il Tribunale di sorveglianza si era riunito solo poche ore prima che Nordio parlasse. Fino a quel momento, il ministro avrebbe potuto agire in autotutela e revocare il regime del 41 bis. Non lo fece. “Una decisione che potrebbe rivelarsi pilatesca”, dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini.

E oggi, che si può fare? Il 17 dicembre il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo di Cospito e confermato il regime del 41 bis per 4 anni. Ma ora è la Cassazione che dovrà decidere, definitivamente, se il regime pensato per i mafiosi stragisti sia applicabile a un anarchico, se sia ancora operativa l’associazione di cui Cospito è stato riconosciuto promotore, se non sia stato dilatato il perimetro applicativo della norma e se non sia sproporzionato l’utilizzo del 41 bis per impedirgli di esprimersi all’esterno.

In questo momento, al 41 bis, sono detenuti ‘ndranghetisti, camorristi, affiliati a Cosa nostra, alla Sacra Corona Unita e tre terroristi delle Brigate Rosse. Un “anarchico individualista”, come si definisce Cospito, che c’entra? Il ministro della Giustizia, che non ha più potere d’intervento diretto, potrebbe chiedere che la Cassazione decida in tempi congrui alla sopravvivenza di Cospito. D’altronde anche la sua riforma garantista della giustizia partirebbe male se al 41 bis morisse un anarchico.

Mentre la gran parte dell’opinione pubblica, incredibilmente indifferente - fatta eccezione per Zerocalcare, una maratona organizzata da Umberto Baccolo dal titolo “Prima che sia notte” (“senza condividere neanche una delle idee di Cospito”, spiega ad HuffPost), Luigi Manconi, i radicali - potrebbe chiedersi se sia accettabile che un uomo, di fede politica anarchica, vada al 41 bis solo per aver scritto le sue farneticazioni su riviste altrettanto farneticanti. E se uno Stato che tratta così violentemente chi ha in custodia, non finisca sciaguratamente per assomigliare allo Stato-Mostro che dipingono gli anarchici che intendono distruggerlo, anziché allo stato di diritto che immagina la Costituzione.