di Valentina Lanzilli
Corriere di Bologna, 5 settembre 2024
La Gip ha disposto altri sei mesi di indagini sulla rivolta dell’8 marzo 2020 dove morirono nove persone. Colpo di scena nella vicenda che riguarda le rivolte nel carcere modenese di Sant’Anna, avvenute l’8 marzo del 2020, al seguito delle quali morirono nove persone, che avevano rubato metadone e farmaci dall’infermeria. Il giudice per le indagini preliminari modenese Carolina Clò infatti non ha accolto la richiesta della Procura di Modena di archiviare il fascicolo che ipotizzava il reato di tortura a carico di 120 appartenenti alla Penitenziaria, ma ha disposto ulteriori indagini, con termine di sei mesi, indicando persone da sentire e atti da acquisire. Tra le circostanze che per il giudice meritano di essere chiarite c’è il mancato funzionamento di alcuni sistemi di videosorveglianza. Poi ci sono alcune intercettazioni tra gli agenti di penitenziaria, da cui emergerebbe un incontro prima della loro convocazione in Questura. Da valutare anche una integrazione di una relazione da parte di un agente, fatta su specifica richiesta del carcere modenese. Viene chiesto poi di approfondire le lesioni subite dai detenuti, acquisendo le cartelle cliniche e sentendo i medici che le hanno redatte. Dovranno pure essere risentiti il direttore del carcere all’epoca e quello precedente, il prefetto e il magistrato di sorveglianza di Modena.
La soddisfazione dei legali dei detenuti - Ricordiamo che dopo quei fatti 18 persone denunciarono torture, mentre venti delle centoventi posizioni sono state archiviate. Una notizia che è stata accolta in maniera positiva dai legali dei detenuti. “Mi aspetto che vengano colmate quelle lacune investigative che avevamo denunciato nella nostra opposizione alla richiesta di archiviazione”, ha commentato Ettore Grenci, legale di una delle persone offese. “Le indagini pur essendo state lunghe da un punto di vista temporale presentano tanti vuoti investigativi. Parliamo di una vicenda complessa e delicata e che desta preoccupazione. È stata la peggiore strage nelle carceri italiani dal dopoguerra. È un interesse collettivo capire cosa è accaduto in quei giorni. Molti detenuti sono stati trasferiti in condizioni critiche e poi sono deceduti, come Sasà Piscitelli”.
La contrarietà degli avvocati degli agenti - Auspica invece una nuova archiviazione del caso il legale che rappresenta 90 degli agenti coinvolti, Cosimo Zaccaria: “Vorrei sottolineare che il giudice ha rimarcato nel suo provvedimento la correttezza dell’operato dei pubblici ufficiali e di come si fossero difesi da un’aggressione e da una devastazione di circa 3 milioni di euro di danni che si è conclusa con diversi agenti finiti in ospedale. Ci sono poi dichiarazioni di detenuti prive di senso, come la persona che ha riconosciuto come aggressori venti agenti che quel giorno non erano neanche in servizio. Gli agenti quel giorno hanno evitato che si riversasse sulla città un’orda di duecento persone in balia di sostanze stupefacenti perché era stata depredata l’infermeria. Ricordo che le cartelle cliniche sono già agli atti e non riportano alcun dato che riportano aggressioni o torture quindi confidiamo in una completa archiviazione della vicenda a breve”.
La presenza (o meno) delle telecamere - Parla invece di un segnale molto importante un altro legale che segue due persone offese, Luca Sebastiani: “Quello del gip è un segnale molto importante e siamo molto contenti. La vicenda di Modena ha segnato la storia della città. Quasi tutte le difese da tempo chiedono quello che il giudice ha concesso in questa ordinanza: chiarire la presenza o meno delle telecamere in alcuni punti nevralgici della vicenda, chiarire quanti sono i detenuti che sono stati trasferiti e in che condizioni sono stati trasferiti. Alcuni hanno fatto degli esposti, ma in tanti non l’hanno fatto. Arrivati nei vari carceri italiani sono infatti stati medicati perché presentavano evidenti lesioni”.