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ansa.it, 21 dicembre 2023

Il ricorso contro l’archiviazione. Il 18 dicembre i difensori dei familiari di Hafedh Chouchane, tunisino, uno degli otto detenuti morti a marzo 2020, quando scoppiò una rivolta nel carcere di Modena, hanno depositato alla Corte di Strasburgo la memoria di replica alle osservazioni del governo italiano. La professoressa Barbara Randazzo e l’avvocato Luca Sebastiani, che assistono padre e fratello della vittima, contestano la “sommaria e superficiale ricostruzione dei fatti e l’invocazione del principio giurisprudenziale del cosiddetto rischio eccentrico, che manderebbe esente da responsabilità lo Stato allorché la vittima si sia volontariamente messa in situazione di pericolo”.

Alla Corte europea dei diritti dell’uomo era stato presentato il ricorso contro l’archiviazione dell’inchiesta a Modena. Il Governo allora aveva inviato osservazioni, sostenendo che Chouchane è morto perché partecipò alla rivolta, rubò e assunse volontariamente il metadone. Inoltre non sarebbe stato possibile soccorrerlo più tempestivamente proprio a causa dei disordini in corso e non sono state riscontrate negligenze nel modo in cui erano conservate le sostanze (metadone e psicofarmaci).

Secondo i difensori dei familiari, “il governo italiano, appiattito sulle risultanze processuali interne, si era infatti limitato a eccepire l’inammissibilità del ricorso per tardività e per mancato previo esaurimento dei rimedi interni, senza rispondere alle domande formulate dalla Corte sul merito delle violazioni lamentate dai ricorrenti e in particolare: dell’articolo 2 Cedu (diritto alla vita), sia sotto il profilo sostanziale che procedurale (inadeguatezza e ineffettività delle indagini svolte), dell’articolo 3, divieto di trattamenti inumani e degradanti, dell’articolo 13 (diritto ad un rimedio interno effettivo).